Ti hopreso per mano. Amare vuol dire anche lasciar andare. Ironia affilata, colpi di scena nello scenario superbo della Torino anni Cinquanta. «Conoscevi che tipi erano papà e mamma, sapevi che non erano adatti a far crescere un figlio, l’avevi provato sulla pelle… e hai deciso che mi avresti cresciuto tu. Giorgio architetto, Riccardo medico internista, Salvatore Scirea
Ti hopreso per mano. Amare vuol dire anche lasciar andare è il titolo (e il sottotitolo) di un romanzo autobiografico che porta la firma di Riccardo Callori. Il libro, per le Edizioni Mille, sarà presentato Martedì 9 aprile, alle ore 17.30, in via Bibiana 31 a Torino, nella libreria “La piola di Catia”. Dialogano con l’autore, l’editore e Alfonso Colella, docente di lettere presso un Istituto tecnico del torinese. Verrà offerto un sobrio aperitivo.
Ti hopreso per mano, autobiografia del Primario di Medicina
Primario e Professore della Facoltà di Medicina che si firma con uno pseudonimo e presenta la sua autobiografia che si incentra sulla relazione con il fratello Giorgio, fortemente voluto. «Conoscevi che tipi erano papà e mamma, sapevi che non erano adatti a far crescere un figlio, l’avevi provato sulla pelle… e hai deciso che mi avresti cresciuto tu, che saresti stato padre, madre, fratello, amico, confidente… tutto».
2 fratelli, medico e architetto che si sostengono a vicenda
Così riflette con riconoscenza Giorgio prima di partire per Boston dove lo attende il lavoro da architetto. Sullo sfondo delle relazioni familiari, si segue la carriera di Riccardo come medico internista, tra visite e studio, tra invidie suscitate e l’inaspettato incontro con colui che sarà il suo successore, Salvatore Scirea per il quale assume via via il ruolo di padre.
Sullo sfondo Torino
«Un padre che si batte per lui, che gli sta vicino, gli procura il cibo, i soldi e il lavoro, gli trasmette la sua esperienza, lo vuole vicino in un momento di buona sorte». Scorrono emozioni che si concretizzano in abbracci, un’ironia sagace, affilata, incalzante, colpi di scena che ci lasciano a bocca aperta nello scenario della splendida Torino degli anni Cinquanta e delle decadi successive.
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