Simbolo Libertà Ahou Daryaei: le avevano detto che il suo velo era fuori posto, che doveva sistemarlo meglio, che coprisse come si deve. Ma invece di abbassare lo sguardo, di tirare quel velo, se lo toglie. Poi toglie la giacca, la camicia. Strato dopo strato, si scrolla di dosso le catene, rimane in biancheria intima, ma rivestita di un coraggio e una dignità che superano ogni stoffa. La afferrano con forza, la trascinano via, la portano in un luogo dove sperano di spezzarla, in un ospedale psichiatrico, dove tentano di etichettare come “follia” il suo desiderio di libertà. Non capiscono che le idee non si possono ammanettare, né chiudere in una stanza bianca. Dovremmo farci un manifesto con la foto simbolo di Ahou Daryaei in biancheria intima. Dovremmo metterlo in ogni aula scolastica, in ogni chiesa, in ogni municipio, dovremmo farne una gigantografia e proiettarla sulla facciata del Parlamento italiano. Ahou Daryaei è tutte noi
Simbolo Libertà Ahou Daryaei. Un nome difficile da pronunciare e da ricordare. Un nome che andrebbe scritto nella lunga lista di persone illuminate che si sono battute per il riconoscimento dei diritti sacrosanti degli uomini e delle donne. Ahou Daryaei è tutti noi, santa ed eroina dei nostri tempi.
Simbolo Libertà Ahou Daryaei: libera la sua pelle togliendo le catene di dosso
“L’avevano fermata, le avevano detto che il suo velo era fuori posto, – si legge in un post di “Fenomenologia della Lingua di Fulvio Cesario” su Facebook – che doveva sistemarlo meglio, che coprisse come si deve. Uno sguardo di ammonizione, una regola ripetuta, e un comando che pesava come catene invisibili. Ma invece di abbassare lo sguardo, di tirare quel velo come le avevano detto, si toglie il velo. Poi la giacca, la camicia. Strato dopo strato, libera la pelle, si scrolla di dosso le catene”.
Una ragazza piena di coraggio e dignità
“La ragazza si chiama Ahou Daryaei, – continua il post – studia letteratura francese all’Università di Oloom Tahghighat, in Iran. Nel cuore pulsante di Teheran, nel cortile dell’università, rimane in biancheria intima, ma rivestita di un coraggio e una dignità che superano ogni stoffa”.
Il silenzio come un grido che sfida il mondo
“Gli sguardi si accalcano su di lei: alcuni pesanti, di giudizio; altri increduli, come se stessero respirando libertà per la prima volta. Lei è una nota stonata in un coro di silenzi, un punto esclamativo in un libro di regole immutabili. La terra sotto i suoi piedi è sempre la stessa, ma il cielo sembra abbassarsi per accoglierla. Si domanda se il vento senta il peso di tutte le parole che non si sono mai osate. Gli occhi degli altri si posano come pietre sul suo corpo, mentre le voci si sussurrano contro di lei, tempeste di giudizi. Ma nel suo silenzio c’è un grido che sfida il mondo” – le parole del blogger.
Ahou Daryaei rappresenta tutti noi
Le parole su Facebook incalzano una storia che fa venire i brividi, per la forza di questa giovane donna, per il silenzio di tutti noi che non reagiamo, per le conseguenze alle quali Ahou Daryaei è andata incontro, rinchiusa in un manicomio, dover le faranno passare la voglia di ribellarsi. Eppure Ahou Daryaei rappresenta tutte noi, anzi, tutti noi, donne e uomini che su questo pianeta subiscono violazioni terribili della libertà.
Le idee non si possono sopprimere
“Arrivano per spegnere la sua fiamma, – leggiamo – ricoperti di divise che trasudano conformità. La afferrano con forza, la trascinano via, mentre lei resta muta, forte come una roccia. La portano in un luogo dove sperano di spezzarla, di soffocare quel fuoco indomabile. La trasferiscono in un ospedale psichiatrico, dove tentano di etichettare come “follia” il suo desiderio di libertà. Ma non capiscono che le idee non si possono ammanettare, né chiudere in una stanza bianca”.
Dovremmo farci un manifesto con la foto simbolo di Ahou Daryaei in biancheria intima. Dovremmo metterlo in ogni aula scolastica, in ogni chiesa, in ogni municipio, dovremmo farne una gigantografia e proiettarla sulla facciata del Parlamento italiano. Ahou Daryaei è tutte noi.
Una donna libera che si riveste di infinito
“Donna. Libera. – chiosa il blogger di Fenomenologia della Lingua – Rivoluzione che cammina a piedi nudi sul selciato della storia. Il suo corpo è un manifesto, la sua pelle è inchiostro vivo, e oggi ha scritto una nuova pagina di libertà. Nel dipartimento rimane il suo ricordo, un’ombra luminosa, un’equazione irrisolta sul muro. Perché spogliarsi dei simboli imposti è l’unico modo per rivestirsi di infinito. Un’eroina di cui avevamo bisogno!”
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