Processo Xenia condannato Lucano ex sindaco di Riace condannato alla carcerazione, sui presunti illeciti nella gestione dei migranti
Processo Xenia condannato Lucano Mimmo arrestato già il 2 ottobre 2018 nell’ambito di un’inchiesta della Guardia di Finanza. La sentenza condanna Lucano a quasi il doppio degli anni di reclusione che erano stati chiesti dalla pubblica accusa (7 anni e 11 mesi).
Processo Xenia condannato Lucano per i seguenti reati:
I reati contestati dalla Procura erano di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
“Non ho parole, non me l’aspettavo” è la prima reazione di Mimmo Lucano. Poi lo sfogo: “Io non voglio disturbare più nessuno, mi ritiro da tutto, non mi importa più, voglio solo evitare dispiaceri ai miei familiari e ai miei amici, se devo morire, non c’è problema. Io sono morto dentro oggi. Non c’è pietà, non c’è giustizia”. Poi Lucano aggiunge: “Ribaltano completamente la realtà, la distruggono. Quando sono tornato dalle misure cautelari, perché mi avevano sospeso da sindaco e cacciato da Riace, i rifugiati mi aspettavano. Adesso Riace è finita”.
Lucano iscritto nel registro degli indagati già dal 2017
Lucano era stato sottoposto ai domiciliari dai finanzieri del gruppo di Locri che avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale della città calabrese con cui si disponeva anche il divieto di dimora per la sua compagna, Tesfahun Lemlem. Le indagini, coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Locri, erano state avviate in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace, per l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico. Già dall’ottobre del 2017 Lucano era iscritto nel registro degli indagati.
Matrimoni di convenienza per restare nel territorio italiano.
Nel corso dell’inchiesta, secondo gli inquirenti, erano emerse irregolarità che il primo cittadino avrebbe commesso nell’organizzare “matrimoni di convenienza” tra cittadini del posto e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. Lucano e la sua compagna avrebbero architettato degli espedienti volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l’ingresso in Italia. Dalle intercettazioni dei finanzieri, sarebbe emerso, in particolare, il ruolo di Lucano nell’organizzazione del matrimonio di una cittadina straniera cui era già stato negato per tre volte il permesso di soggiorno.
Falso servizio di raccolta rifiuti.
La Guardia di Finanza avrebbe poi raccolto elementi circa l’affidamento diretto, definito “fraudolento”, del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti senza le procedure di gara previste dal codice dei contratti pubblici. Due le cooperative sociali, la “Ecoriace” e L’Aquilone”, che secondo l’accusa, il sindaco avrebbe favorito. Le due coop non avrebbero avuto i requisiti di legge richiesti per l’ottenimento del servizio pubblico, in quanto non iscritte nell’apposito albo regionale previsto dalla normativa di settore.
Lucano avrebbe prima tentato di far ottenere, inutilmente, l’iscrizione alle cooperative, poi avrebbe istituito un albo comunale delle cooperative sociali cui poter affidare direttamente lo svolgimento di servizi pubblici.
Le parole del procuratore di Locri.
“Questo non è un processo al nobile e reale fine dell’accoglienza. Non è mai stato nelle intenzioni della Procura contrastare il principio fondamentale dell’accoglienza dei migranti. Quello che ha mosso questa indagine è stato la consapevolezza dell’agire in modo opposto nel favorire l’accoglienza”. Queste erano state le parole del procuratore della Repubblica di Locri, Luigi D’Alessio, nell’aprire, nel maggio scorso, la requisitoria dell’accusa contro Lucano e altre 26 persone imputate per i presunti illeciti nella gestione del sistema di accoglienza dei migranti.
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