Approvato il decreto per la chiusura dei porti fino al 31 luglio. A causa dell’emergenza Coronavirus non ci sono più i requisiti necessari, secondo la Convenzione di Amburgo, per classificare i porti italiani come “luoghi sicuri”. Incertezza sul futuro dell’Alan Kurdi, nave della See Eye
L’Italia chiude i porti alle Ong, che nell’emergenza Coronavirus mancano dei requisiti necessari per essere classificati ‘Place of Safety’. Per la prima volta nella storia, l’Italia deve adottare un decreto per limitare gli sbarchi nei porti, dichiarati non più luogo sicuro per i migranti. “Per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus COVID-19, i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of Safety (“luogo sicuro”), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area SAR italiana”. Questo quanto decretato dal ministro dell’Interno, in accordo con i ministri delle Infrastrutture, degli Esteri e della Salute. I porti italiani, situati su un territorio che è stravolto, sotto tutti i fronti, dall’attacco dell’epidemia causata dal virus SARS-CoV-2, non sono luoghi sicuri, cioè, nella lingua del diritto internazionale, ai migranti non possono più essere assicurati gli espletamenti dei propri diritti. La decisione è stata presa sia per non dover dislocare risorse atte a fronteggiare l’emergenza Covid-19 che per proteggere la salute degli abitanti delle città interessate da questi fenomeni e quella dei migranti, ai quali “deve essere assicurata l’assenza di minaccia per la propria vita, il soddisfacimento delle necessità primarie, e l’accesso a servizi fondamentali sotto il profilo sanitario, logistico e trasportistico”. Il decreto resterà valido fino al 31 luglio, cessazione temporale dello stato di emergenza dichiarato il 31 gennaio dal governo italiano. Proprio in riferimento allo stato di emergenza, e quindi alla limitazione di alcune libertà fondamentali, il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture comunica che il decreto è stato ispirato “ai principi di tutela della salute dei passeggeri e di eguaglianza di trattamento dei cittadini italiani ai quali le attuali ordinanze hanno impedito anche lo spostamento da un comune all’altro e dettato norme stringenti per il rientro dai paesi esteri”.
Il provvedimento ha carattere generale, ma molti sostengono che la chiusura dei porti sia in riferimento esclusivo alle navi delle Ong, che in questo periodo di emergenza sanitaria stanno portando avanti il loro operato per sopperire anche all’emergenza umanitaria, che non si è arrestata. “Il decreto che chiude i porti italiani alle navi umanitarie dichiarandoli non sicuri è un errore politico dettato più dalla paura della propaganda della destra che dalla razionalità necessaria in momenti come questi. – afferma all’ANSA il deputato componente della commissione Esteri, Erasmo Palazzotto – Dev’essere ritirato immediatamente e sostituito da un protocollo sanitario che preveda, per chiunque approdi nei nostri porti, un periodo di quarantena obbligatorio da trascorrere in strutture sulla terra ferma o a bordo di assetti navali idonei che possano garantire la sicurezza di tutti”. Soluzione ottimale, certo, ma concretamente non di semplice attuazione. I dubbi che sorgono sono, però, fondati per la coincidenza del momento in cui arriva l’approvazione del decreto: da pochi giorni, alle porte delle nostre acque territoriali naviga la Alan Kurdi, nave dell’Ong tedesca See Eye. A bordo ci sono 150 migranti e l’Ong non potrà più chiedere ufficialmente l’ingesso in Italia. Il governo italiano si dichiara, a tal proposito, disposto a collaborare in qualunque modo con il governo tedesco, al quale verrà data responsabilità di qualsivoglia movimento marittimo perché stato bandiera dell’Alan Kurdi.
di Pamela Cioffi
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