Risalgono all’ VIII secolo a. C. le prime documentazioni riguardanti il malocchio. Durante i riti funebri ebraici tutti gli specchi venivano capovolti. Il papa Gregorio IX emanò una bolla con la quale autorizzava lo sterminio dei gatti in nome del Signore.
Ogni cultura ha le sue superstizioni. In tempi moderni sono sicuramente meno le persone che danno importanza a queste leggende rispetto al passato, dato che spesso nascevano per cercare di dare un senso a cose che apparivano inspiegabili. In questo articolo sono presenti alcune delle possibili origini delle credenze popolari più famose.
La superstizione riguardante questo numero è forse una delle più diffuse al mondo e sono diverse le culture che la portano avanti. Le storie sulle sue origini sono svariate. Per quanto concerne il cristianesimo, il numero tredici è considerato sfortunato in quanto all’Ultima Cena, che vede Gesù a tavola con i suoi apostoli, il tredicesimo era proprio Giuda, colui che sarebbe diventato poi il traditore del Messia. Inoltre, questa storia ha anche una coincidenza con la mitologia scandinava in quanto ad un banchetto di dei e semidei composto da dodici invitati, il fratello di Thor, Loki, l’astuto dio degli inganni, si unisce alla tavolata e crea scompiglio e morte. Gli effetti di questa superstizione hanno sempre avuto una particolare influenza in diversi ambiti della cultura. Basti pensare che Gabriele D’Annunzio non ha mai scritto, nelle sue opere, il numero 13.
Nella tradizione romana, il venerdì è sempre stato visto come un giorno nefasto, in quanto dedicato a Marte, il dio della guerra e della discordia. Mentre nei vangeli è proprio il venerdì il giorno in cui Gesù Cristo venne crocifisso. Nella cultura anglosassone, l’unione del venerdì con la superstizione sopracitata, cioè il numero tredici, è vista come un binomio fatale. Ancora oggi, molte ragazze incinte posticipano o anticipano la nascita del loro bambino, perché la nascita di venerdì tredici rappresenterebbe per lui o lei una vita segnata dalla sfortuna.
Lo sguardo è sempre stato visto come uno strumento molto potente. Il malocchio veniva attribuito a persone come gli zingari, o anche gli strabici. Era credenza comune che questi individui potessero, con una semplice occhiata, indirizzare la sfortuna sulla persona presa di mira. Per questo motivo si cercava sempre di evitare di guardare in faccia questi “stregoni” iettatori. I metodi utilizzati per annullare il malocchio erano molti. Il più utilizzato consiste nello sputare tre volte in terra e fare una giravolta. Il tre è considerato infatti il numero perfetto, in quanto rappresentante la Santa Trinità, mentre sputare era visto come un atto di purificazione dello spirito. Risalgono all’ VIII secolo a. C. le prime documentazioni riguardanti il malocchio.
In tempi passati lo specchio era visto come uno strumento intriso di magia, capace di duplicare la realtà. Durante i riti funebri ebraici tutti gli specchi venivano capovolti, in quanto era credenza comune che l’anima lasciante il corpo del defunto potesse rimanere intrappolata nell’oggetto. Nell’antica Grecia, invece, lo specchio veniva usato dalle divinatrici per predire il futuro di chiunque si riflettesse sulla sua superfice. La pratica consisteva nell’immergere lo specchio in una ciotola piena d’acqua e porre quest’ultima nelle mani di chi volesse ricevere una predizione. Se durante il rito lo specchio scivolava e si infrangeva, voleva dire sciagura. Inoltre il periodo di tempo di sette anni di sfortuna deriva dal fatto che i romani credevano che la salute di un uomo cambiasse ciclicamente e ogni periodo era della durata di sette anni.
Anche questa superstizione è molto diffusa, particolarmente nella cultura occidentale. Vedersi tagliare la strada da un gatto nero è infatti segno di futura sventura. Ai tempi del medioevo i gatti neri erano visti, forse per la loro vita notturna o la loro capacità di scrutare nell’oscurità, come il simbolo del male. A fomentare questa leggenda fu anche il fatto che i felini venivano spesso nutriti dalle vecchie signore solitarie e povere che vivevano nelle città e che erano spesso considerate delle streghe. C’è un racconto molto famoso legato a questa superstizione. Nel 1560, nel Lincolnshire, in una notte di luna piena, c’erano due persone, un padre e un figlio, che mentre camminavano si videro tagliare la strada da un gatto nero all’improvviso. I due si spaventarono ed iniziarono a lanciare pietre all’animale che scappò ferito e zoppicante fino alla dimora di una donna molto anziana, che da tempo si sospettava fosse una strega. Il giorno seguente i due mentre camminavano incrociarono quella vecchia signora e videro che zoppicava e riportava sul suo corpo diverse ferite. Quando la notizia si sparse in lungo e in largo, i gatti divennero soggetto di sospetti da parte degli abitanti, in quanto tutti pensavano non fossero altro che streghe camuffate. Durante i roghi per scongiurare la stregoneria, le malcapitate vecchiette, sospette fattucchiere, venivano bruciate insieme ai loro poveri felini domestici. Questa superstizione si diffuse così tanto che addirittura il papa Gregorio IX emanò una bolla con la quale autorizzava lo sterminio dei gatti in nome del Signore. Altro fattore che ha contribuito alla brutta reputazione dei piccoli felini è il fatto che questi sono sempre stati oggetto di culto da parte degli Egizi ed altre culture pagane.
Nell’antica Roma questo era visto come un simbolo di sterilità. Era usanza comune, infatti, gettare del sale sui resti delle città conquistate così da rendere il terreno impossibile da utilizzare. Far cadere accidentalmente del sale durante un pasto o anche in altri ambiti della vita quotidiana, era visto come un gesto che attirava una incredibile sfortuna sul malcapitato. Il motivo può derivare anche dal fatto che in tempi passati il sale non era un prodotto comune in tutte le cucine, dato il suo costo elevato. L’unico modo per annullare la maledizione derivante dal rovesciamento della sostanza bianca era gettarsi alle spalle tre pizzichi di quella stessa.
Anche questa superstizione ha le sue origini nel periodo medievale. Era, ed è ancora oggi, credenza comune che passare sotto una scala appoggiata ad un muro possa portare incredibile sfortuna, prima nella vita mortale e poi nella futura vita spirituale post morte. Nella cultura cristiana, l’oggetto appoggiato ad una superficie piana va a creare infatti un triangolo, simbolo della Trinità, e violare questo spazio equivarrebbe a commettere un sacrilegio. La superstizione ha, però, anche altre interpretazioni. Il profeta Maometto parlò dell’esistenza di una scala percorsa dalle anime dei buoni per salire verso la luce di Allah. Una similitudine si trova anche nell’antica cultura egiziana secondo la quale la scala è vista come un simbolo sacro, non a caso le piramidi hanno una pianta triangolare. Inoltre gli egizi credevano nell’esistenza del dio Orus, la “divinità della scala”, che trasporta le anime dei defunti verso la luce. Sempre nella cultura egizia, fu proprio la scala a permettere ad Osiride di fuggire dalla prigione in cui era stato rinchiuso dallo spirito dell’Oscurità. Quindi passare sotto questo oggetto rappresenterebbe un gesto di sfida verso gli dei. La scala assunse poi un significato diverso quando venne posata alla croce di Gesù Cristo e venne vista da quel giorno come un simbolo di tradimento e morte. In Francia, come nel Regno Unito, era pratica comune far passare i condannati a morte sotto una scala.
di Massimiliano Rossi
- Promozione sistema Italia Parigi. Billi, Presidente CGIE alla Camera, incontra gli italiani
- Elezioni regionali 2020, possibili scenari
- Bimba malata di leucemia curata con virus Hiv
- Greenpass mille docenti universitari scioperano contro imposizione. Sostegno agli studenti
- Servizio Civile Molise e Campania. Per i colloqui una data di recupero