2.617 volte, 5 ore al giorno del nostro tempo, 24 ore su 24. Chi lo dice a Whatsapp, Instagram, Facebook, Twitter?
(UMDI – UNMONDODITALIANI) Dipendenza da smartphone? Oggi giorno l’utilizzo dello telefonino è diventato indispensabile, basta guardare la gente che è intorno a noi, che si tratti di trovarsi in giro per strada, a lavoro, al bar, insomma, ovunque siamo possiamo notare persone, sempre con gli occhi fissi sullo schermo. Le nuove generazioni pensano che essere alla moda, (principalmente quest’idea è “donna”) vuol dire avere uno smartphone di ultima generazione e utilizzare social, ma questa idea è stata diffusa pian piano anche alle vecchie generazioni. Secondo lo studio della società americana Dscount’s, tocchiamo lo schermo del cellulare 2.617 volte, dedicando 5 ore al giorno del nostro tempo usando applicazioni come la più diffusa Whatsapp o anche Instagram, Facebook o Twitter. Dalle statistiche Istat emerge che neanche in macchina gli italiani riescono a rinunciarvi, con 4 incidenti gravi su 5 causati proprio dall’uso dello smartphone. “I social – ha affermato l’antropologo Simon Sinek in un’intervista su Youtube con più di 6 milioni di visualizzazioni – rilasciano dopamina, come l’alcool, il fumo, le scommesse: perciò esistono limiti di età per alcool, fumo e scommesse”.
Il Fatto Quotidiano ha riportato le testimonianze sul campo degli esperti: “Andiamo verso una colossale dipendenza da internet. Alcuni esagerano, perdendo la vita. Ma la verità è che tutti stiamo entrando nel tunnel. Ho conosciuto un paziente sui 40 anni, malato di Tinder, il sito di appuntamenti. Ne combinava decine, centinaia con l’aiuto di Whatsapp. Era un lavoro, in ufficio era un disastro, ora è separato.”
Nel febbraio 2017, Gianmarco Simoncini, laureato in psicologia con una tesi sulla dipendenza da Facebook ha aperto un punto di ascolto per ragazzi che abusano di internet, e al Fatto ha spiegato che la prova per capire quando si è oltrepassato il segno è la solitudine di chi con amici e ragazze preferisce parlare solo online. A quel punto il percorso per riprendere in mano la propria vita è lungo e doloroso, come ha raccontato Claudio, ragazzo di 21 anni, che è finalmente uscito dalla sua dipendenza da dal gioco online Dofus. “Giocavo anche di notte – racconta Claudio – fino a 18 ore al giorno, se smettevo era per parlare di Dofus. Giocavamo in gruppoio e ci sentivamo speciali. Era un’emozione fortissima. Avevamo obiettivi e strategie comuni, un ruolo e un compito ciascuno. Io scagliavo freccie magiche o ghiacciate: facevo sempre la mossa giusta. Mi sentivo utile e importante – ha concluso Claudio – L’unione mentale era incredibile, non desideravo altro: a malincuore, ammetto che le relazioni umane non mi interessavano”. I giovani della generazione millennials, cioè coloro che sono nati tra gli anni 80 e i 2000, sono cresciuti con tablet e schermi digitali che i genitori usavano, in un certo senso, come “baby sitter”, invece di essere presenti e di badare ai loro figli.
Lo psichiatra Federico Tonioni, direttore del centro terapeutico per le dipendenze da Internet all’ospedale Gemelli di Roma ha affermato: “Il risultato? Tanti giovani non sanno affrontare le emozioni.”