Illegittima sospensione over50 secondo la pronuncia del Tribunale di L’Aquila, che ha disposto il pagamento della retribuzione e del danno biologico temporaneo (sentenza 13 settembre 2023, n. 136). Il commento su AltaLex dell’Avv. Marcella Ferrari. Solo una lettura non costituzionalmente orientata della legge può ritenere che la stessa imponga, per tutelare la salute pubblica, un obbligo vaccinale per certe categorie di lavoratori e per i lavoratori over 50. E’ un fatto notorio – ex art. 115 c.p.c – che chi non si è vaccinato può infettarsi e infettare come chi abbia ricevuto una, due, tre dosi. Viene meno il presupposto per cui alcuni lavoratori (ossia i non vaccinati) non possano entrare nei luoghi di lavoro, mentre altri (i vaccinati) possano farlo regolarmente. L’inidoneità dei vaccini in commercio a prevenire il contagio emerge dai fatti e dalle dichiarazioni delle stesse case produttrici. Il responsabile della Pfizer dinanzi al Parlamento UE, ha sostenuto che nessuno studio era stato condotto sulla capacità del vaccino ad evitare il contagio. Anche il foglietto illustrativo non indica come effetto del vaccino quello di prevenire l’infezione da sars-CoV-2
Illegittima sospensione over50 cacciato dal lavoro perché non vaccinato con i vari sieri, cd vaccini anti Covid 19. E’ il caso di un lavoratore ultracinquantenne non vaccinato, sospeso dal lavoro e senza retribuzione. L’uomo è ricorso all’autorità giudiziaria e il Tribunale di L’Aquila, Sezione Lavoro e Previdenza, con la sentenza 13 settembre 2023, n. 136, dichiara illegittima la sospensione dal lavoro con ogni conseguenza normativa ed economica. Ci è piaciuto il commento su AltaLex dell’Avv. Marcella Ferrari. Che abbiamo letto con attenzione, insieme alla sentenza.
Illegittima sospensione over50 dato che il vaccino non previene il contagio
La decisione riguarda la legittimità della sospensione dal lavoro per assenza della vaccinazione obbligatoria nel caso concreto. La pronuncia si attesta su un’interpretazione costituzionalmente orientata della legge. Il giudice ricorda che l’Italia si fonda sul lavoro (art. 1 Cost.) e che su di esso si basa la dignità personale dell’individuo che vuole mantenersi con le proprie forze. Il reddito da lavoro «costituisce per lo più reddito da sussistenza, senza di esso si scivola nel degrado e nella dipendenza». Il provvedimento esamina la normativa che aveva imposto l’obbligo vaccinale a determinate categorie di lavoratori e agli over 50. Anche se il giudizio non attiene alla legittimità dell’obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2, il tribunale si sofferma sul senso della norma avrebbe dovuto perseguire lo scopo di prevenire il contagio. Quindi, l’efficacia preventiva rappresenta il fondamento, ma anche il limite dell’applicazione di tali norme. L’interpretazione letterale delle stesse si legge nella direzione che la vaccinazione obbligatoria è solo quella diretta a prevenire il contagio. L ’art. 115 c.p.c. comma 2 stabilisce: “Il Giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.” Ora, è un fatto acclarato che i cd vaccini anti Covid non abbiano avuto alcuna efficacia preventiva. Lo sappiamo tutti, lo abbiamo sperimentato nella cerchia personale, familiare, dei conoscenti: cioè, è un dato evidente che chi non si era vaccinato poteva infettarsi e infettare come poteva infettarsi e infettare chi aveva ricevuto una dose, due dosi, tre dosi etc». Pertanto, «se il lavoratore vaccinato come quello non vaccinato si infetta ed infetta non può godere di un trattamento diverso da quello non vaccinato, almeno sotto il profilo (che qui solo interessa) dell’accesso al lavoro».
Il giudice dichiara illegittima la sospensione del lavoratore e condanna il datore di lavoro al pagamento della retribuzione dalla sospensione all’effettivo ripristino oltre al pagamento di un ulteriore importo a titolo di risarcimento del danno biologico temporaneo. Infatti, la privazione della fonte di reddito unitamente alla discriminazione patita ha provocato un forte stress psicologico che va risarcito.
Il caso
Un lavoratore ultracinquantenne sospeso dal posto di lavoro in quanto non vaccinato, privato, conseguentemente, dello stipendio (come è accaduto a tantissimi lavoratori in Italia) impugna il provvedimento di sospensione davanti al giudice del lavoro.
Le norme contenute del decreto-legge 44/2021 impongono l’obbligo vaccinale per talune categorie di lavoratori (ad esempio docenti, sanitari, militari) e a tutti gli italiani che hanno compiuto i 50 anni.
D.L. 44/2021 art. 4 quater
L’art. 4 quater del decreto-legge 44/2021 “Estensione dell’obbligo di vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 agli ultracinquantenni” ai commi 1 e 3 recita:
“Alla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 15 giugno 2022, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, l’obbligo vaccinale per la prevenzione da SARS-CoV-2, di cui all’articolo 3-ter, si applica ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell’Unione europea residenti nel territorio dello Stato, nonché agli stranieri […] che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età fermo restando quanto previsto dagli articoli 4, 4-bis, 4-ter, 4-ter.1 e 4-ter.2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche a coloro che compiono il cinquantesimo anno di età in data successiva a quella di entrata in vigore della presente disposizione, fermo il termine del 15 giugno 2022, di cui al comma 1”.
D.L. 44/2021, art. 4 quinquies
L’art. 4 quinquies c. 4 D.L. 44/2021 disponeva che “I lavoratori di cui al comma 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 di cui al comma 1 o risultino privi della stessa al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 15 giugno 2022. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati”.
Illegittima sospensione over50. Nessuna legge può imporre un obbligo vaccinale per fascia di età
“Il giudice – le considerazioni dell’Avv. Marcella Ferrari – premette che la questione sottoposta al suo vaglio non riguarda la legittimità dell’obbligo vaccinale, ma la legittimità della sospensione dal lavoro dell’ultracinquantenne non vaccinato. Innanzitutto, secondo il giudicante, «[…] non vi è alcuna norma di legge – né potrebbe mai esservi anche per lo sbarramento costituzionale del divieto di discriminazione ex art. 3 Cost. – che imponga un obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2 per prestare lavoro per lavoratori di una determinata fascia d’età, ma solamente l’imposizione di un tale obbligo se e nei limiti in cui sia strumento di prevenzione dal contagio».
Sempre a livello costituzionale, preme ricordare che il nostro Paese si fonda sul lavoro (art. 1 Cost.) e che su di esso si basa la dignità personale dell’individuo che vuole mantenersi con le proprie forze. Il reddito da lavoro «costituisce per lo più reddito da sussistenza, senza di esso si scivola nel degrado e nella dipendenza».
Solo una lettura non costituzionalmente orientata della legge può ritenere che la stessa imponga, per tutelare la salute pubblica, un obbligo vaccinale per certe categorie di lavoratori e per i lavoratori over 50 (artt. 4, 4 bis, 4 ter, 4 quater e 4 quinquies d. l. 44/2021).
Obbligo vaccinale per prevenire contagio?
“Invero, – prosegue il legale – l’obbligo vaccinale per certune categorie di lavoratori e per i lavoratori ultracinquantenni poggia sul presupposto della capacità preventiva del vaccino. Infatti, la ratio di una simile imposizione consiste nell’esigenza di evitare che il lavoratore possa essere fonte di rischio per i colleghi. Quindi, l’efficacia preventiva costituisce il fondamento ma anche il limite dell’applicazione di tali norme. L’interpretazione letterale delle stesse è nel senso che la vaccinazione obbligatoria sia solo quella diretta a prevenire il contagio. Lo stabilisce la rubrica della norma (“Estensione dell’obbligo di vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 agli ultracinquantenni”) e il testo della disposizione. Tale esegesi è anche quella conforme a Costituzione in quanto, diversamente opinando, non sarebbe ammissibile una discriminazione così rilevante.”
È fatto notorio che il vaccino anti-Covid non abbia efficacia preventiva
Le argomentazioni del giudice riguardano l’inefficacia preventiva della vaccinazione. In primis, non esiste una evidenza scientifica che dimostri che un soggetto vaccinato non si contagi e non contagi a propria volta. In secundis, la realtà dei fatti ha dimostrato il contrario. “Può considerarsi un fatto notorio che chi non si è vaccinato può infettarsi e infettare come chi abbia ricevuto una, due, tre dosi e così via. In buona sostanza la contagiosità di vaccinati e non vaccinati assurge a fatto notorio ex art. 115 c.p.c.” Stando così le cose, viene meno il presupposto per cui alcuni lavoratori (ossia i non vaccinati) non possano entrare nei luoghi di lavoro, mentre altri (i vaccinati) possano farlo regolarmente dimostrando di essersi sottoposto alle dosi.
Discriminazione sui luoghi di lavoro
“La norma che impone la vaccinazione per gli ultracinquantenni e impedisce loro l’accesso sui luoghi di lavoro – il commento dell’avv. Ferrari – ha come scopo la prevenzione dell’infezione e non la limitazione delle conseguenze dell’infezione. Pertanto, «se il lavoratore vaccinato come quello non vaccinato si infetta ed infetta non può godere di un trattamento diverso da quello non vaccinato, almeno sotto il profilo (che qui solo interessa) dell’accesso al lavoro.»
E le pronunce della Consulta sull’obbligo vaccinale?
Le precedenti pronunce di inammissibilità e manifesta infondatezza emesse dalla Corte Costituzionale in relazione alla normativa emergenziale non producono alcun effetto vincolante per i giudici di merito sotto il profilo interpretativo. “Una sentenza di rigetto dell’eccezione di illegittimità costituzionale produce come unico effetto l’impossibilità di risollevare la questione nel corso del medesimo grado di giudizio (art. 24 legge 87/1953).”
Ad esempio, la pronuncia n. 15/2023 della Consulta secondo cui le norme sull’introduzione dell’obbligo vaccinale e sul green pass sono “non irragionevoli”, in particolare richiamando i rapporti dell’ISS secondo i quali la vaccinazione ha ridotto la percentuale di rischio di contagio e ha prevenuto i casi di malattia severa, affermando altresì che l’obbligo vaccinale rappresenta “una misura validata sul piano scientifico”.
“Il giudice del lavoro – prosegue la disamina dell’avv. Ferrari – dichiara espressamente di volersi discostare da tale esegesi, atteso che i vaccini per Sars Cov 19 non sono strumenti atti a prevenire il contagio. Non si discute della loro idoneità a prevenire le forme più gravi di malattia, ma della capacità di prevenzione del contagio o, meglio, della loro incapacità in tal senso. Il giudicante non condivide quanto affermato dalla Corte Costituzionale sulla scorta dell’affermazione dell’ISS secondo cui “la vaccinazione anti-Covid 19 costituisce una misura di prevenzione fondamentale per contenere la diffusione dell’infezione”.
Illegittima sospensione over50: i vaccini NON prevengono il contagio
La pronuncia della Corte sottolinea come l’inidoneità dei vaccini in commercio a prevenire il contagio emerga dai fatti e dalle dichiarazioni delle stesse case produttrici. A tal proposito, si fa riferimento alle affermazioni rese dal responsabile della Pfizer dinnanzi al Parlamento UE, ove questi ha sostenuto che nessuno studio era stato condotto sulla capacità del vaccino ad evitare il contagio. In tal senso depongono anche le indicazioni terapeutiche presenti sul foglietto illustrativo che non indicano come effetto del vaccino quello di prevenire l’infezione da sars-CoV-2 ma solo di limitare gli effetti dannosi della malattia. Tale fatto può considerarsi notorio e, quindi, non occorre alcun accertamento peritale, giacché «la comune esperienza di tutti (personale, familiare, della cerchia di conoscenti) conferma il dato evidente che, allo stato, chi non si è vaccinato può infettarsi e infettare come può infettarsi e infettare chi ha ricevuto una dose, due dosi etc».
Illegittima sospensione over50 dal lavoro: le conclusioni
Tanto premesso, “il giudice – prosegue Altalex – ritiene non dimostrata l’efficacia dei vaccini come strumento di prevenzione del contagio. Infatti, «sulla base della comune esperienza può considerarsi indubitabile ed incontestabile in quanto incontrovertibilmente emergente dal naturale accadimento dei fatti (id quod plerumque accidit) – che i soggetti vaccinati possano contrarre e trasmettere contagio e che di conseguenza, dal punto di vista epidemiologico, vaccinati e non vaccinati, vanno necessariamente trattati come soggetti tra loro sostanzialmente equivalenti».
Esiste un indirizzo giurisprudenziale di merito, ricorda il giudice, che ha qualificato come fatto notorio la non idoneità dei vaccini a prevenire il contagio e cita un’ordinanza del Tribunale di Firenze del 31.10.2022 divenuta definitiva.
Conclusioni
Nelle conclusioni la sentenza del Tribunale dichiara illegittima la sospensione del lavoratore con ogni conseguenza economica e normativa. Pertanto, il ricorrente ha diritto a ricevere il pagamento della retribuzione dalla sospensione all’effettivo ripristino oltre al pagamento del danno biologico temporaneo. Infatti, la sospensione dal lavoro priva il soggetto della sua fonte di sostentamento e crea una discriminazione con i colleghi, provocando un forte stress psicologico.
L’articolo è ripreso da Altalex, direttore Responsabile: Giulietta Lemmi
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