Il Tempo del Futurismo alla GNAMC, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Roma

Il Tempo del Futurismo alla GNAMC, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Roma. Recensione della mostra

Ambiente

Il Tempo del Futurismo è il titolo dell’attesa mostra dedicata a Filippo Tommaso Marinetti nel novantesimo anniversario della morte. Curata da Gabriele Simongini, si è aperta recentemente alla GNAMC, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea diretta da Renata Cristina Mazzantini.

Il Tempo del Futurismo promossa dal Ministero della Cultura

Promossa e sostenuta dal Ministero della Cultura, la mostra, non si presenta, come altre celebrazioni che furono allestite nel corso del tempo, come un viaggio del movimento d’avanguardia fondato nel 1909 da Marinetti, ma cerca di illustrare piuttosto  l’innovativo e delicato rapporto tra arte, scienza e tecnologia.

Dal Metropolitan New York al Moma, da Philadelphia a Londra a L’Aja

Molti e assai significativi sono stati i prestiti da parte di musei italiani e stranieri, tra cui il MoMA, il Metropolitan Museum di New York, il Philadelphia Museum of Art, la Estorick Collection di Londra e il Kunstmuseum Den Haag de L’Aja.

Catalogo d’eccezione

Il catalogo, in pubblicazione da Treccani, contiene i testi di Gabriele Simongini, Francesca Barbi Marinetti, Günter Berghaus, Elena Gigli, Claudio Giorgione, Giovanni Lista, Ada Masoero, Ida Mitrano, Riccardo Notte, Francesco Perfetti e Marcello Veneziani

Casa Balla

A sottolineare forse anche gli approfondimenti suggeriti dalla attuale esposizione, ricordiamo come sia avvenuta contemporaneamente anche l’apertura al pubblico di Casa Balla e il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, con il prestito di numerosi oggetti che sono stati utili per un corposo arricchimento della esposizione, sul piano anche scientifico. 

Noi futuristi vogliamo ricostruire l’universo rallegrandolo

Ed eccoci qui a riportare la famosa espressione: “Noi futuristi vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente” scritta appunto da Giacomo Balla con Fortunato Depero, che si dichiaravano “astrattisti futuristi”, l’11 marzo 1915 nel Manifesto “Ricostruzione futurista dell’universo” pubblicato a Milano. Un manifesto rivoluzionario che si avvia verso quelle interessanti sperimentazioni futuriste nell’ambito dell’arredo, della scenografia, degli allestimenti, dell’oggettistica, della moda, dell’editoria, dell’architettura, del cinema e della grafica pubblicitaria.

Il Manifesto del Futurismo di Marinetti

E qualche anno prima il 20 febbraio 1909 Filippo Tommaso Marinetti aveva pubblicato su “Le Figaro” il “Manifesto del Futurismoin francese e poi in italiano sulla rivista “Poesia” per fornire una raccolta concisa di pensieri, convinzioni e intenzioni dei Futuristi. Manifesti che avranno sviluppi imprevedibili e duraturi nella società, in tutti i campi della cultura e dell’arte, e non solo.

Mostra complessa e discussa

Si tratta di una mostra complessa e molto “discussa “con 26 sale in cui vengono presentate ben 350 opere (dipinti, disegni, sculture, oggetti d’arredo, mobili, auto e strumenti d’epoca molte delle quali di grandissimo valore), attraverso le quali comunque il visitatore è in grado di ripercorrere la storia di un movimento “così importante per il nostro Paese” in accordo con il  progressivo avanzamento di una società in espansione.

Boccioni, Carrà, Balla, Medardo Rosso

Per fare un esempio basti enumerare il “Manifesto dei pittori futuristi”, documento firmato l’11 febbraio 1910 da Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severtini con cui si faceva esplicito riferimento ai divisionisti Gaetano Previati e Giovanni Segantini e a uno scultore rivoluzionario come Medardo Rosso. Qualche anno dopo, nel 1914, Boccioni aggiunse il divisionista Giuseppe Pellizza da Volpedo.

Triennale di Brera

Proprio sulla forza innovativa e sulle basi tecniche del Divisionismo che si era affermato nel 1891 alla Triennale di Brera, si baserà il Futurismo, mentre Medardo Rosso sarà decisivo per la scultura futurista, fluida e smaterializzata.
E ricordiamo più avanti nel tempo quell’utilizzo dei colori puri, non impastati sulla tavolozza, ma affidati all’0cchio di chi guarda, lanciati dai Divisionisti.

Boccioni, Severini e Sironi. Con loro inizia la vera e propria mostra sul Futurismo che è anzitutto un invito al puro godimento estetico, a cui si aggiunge tutto il resto, gli addentellati storici, filosofici, sociali e di costume.

Prima Sala

E se la prima sala presenta quella pittura che si pone fra Divisionismo e Futurismo da “Il Sole” di Pellizza da Volpedo (1904) e “Lampada ad arco”(1910 – 1911) di Balla (prestito eccezionale dal Moma di NewYork), giustamente Legata al Simbolismo è la scelta dei soggetti più lirici. Partendo da questa considerazione si spiega perché la mostra inizi proprio con le opere di Pellizza da Volpedo, Previati, Rosso e Segantini. Sono i “padri nobili” della pittura futurista a cui si aggiunge Giacomo Balla che essendo stato a Parigi nel ‘900 si era impadronito dei principi divisionisti che poi trasmise ai suoi giovani allievi.

Un vero e proprio “cambio epocale fra antico e moderno”, fra Pellizza che si rifà alla natura e Balla che inneggia all’elettrificazione in omaggio al manifesto di Marinetti “Uccidiamo il chiaro di luna” del 1909”.                      

Ma ecco Segantini nella stessa sala  con“Pascoli di primavera” e “Alla Stanga”, di Pellizza Tramonto nel vento” e “Il sole” e di Boccioni “Tre donne”.

La Terza Sala

La terza sala presenta ben dieci dipinti, fra cui “Periferia” e “Autoritratto” di Boccioni, di Balla “La pazza”, di Luigi Russolo “Autoritratto con teschi”.

La Maserati rossa del ’34 nel Salone

Ma è nel salone che si raggiunge l’apice sia per le opere che per l’allestimento. Due automobili d’epoca, un sidecar, voluminosi clacson e trombe per auto. E su una parete un lunghissimo dipinto “La caduta degli angeli” del ’13 di Previati con il quale, scriveva Boccioni, “…le forme cominciano a parlare come musica, i corpi aspirano a farsi atmosfera, spirito e il soggetto è già pronto a trasformarsi in istato d’animo”. Di fronte una rossa Maserati del ’34. Alle pareti il meglio del meglio del periodo: Severini, Russolo, Soffici, Carrà e Boccioni con il bronzo “Sviluppo di una bottiglia nello spazio”1912 (1935).

La copia de Le figaro con il Manifesto del Futurismo

Gli amanti delle auto e delle moto d’epoca non possono farsi sfuggire la parata di pezzi in mostra. Viene dal Museo della Motocicletta Frera di Tradate il Sidecar Frera F HP 4 (1014), un gioiello di eleganza. E dalla Collezione Righini di Castelfranco Emilia la “Fiat Chiribiri. Siluro record chilometro lanciato tipo V 1912”. E poi i giornali d’epoca come “LE FIGARO”di cui è in mostra naturalmente la pagina che pubblica il “Manifesto del Futurismo”.

Due sale dedicate a Guglielmo Marconi

A Marconi, che non poteva mancare in una prospettiva di progresso e apertura al nuovo come quella dei Futuristi, sono dedicate due sale. Accanto al modello che riproduce in scala il panfilo “Elettra”comprato da Marconi nel ’19 e attrezzato a laboratorio viaggiante, sono in mostra apparecchi per la telegrafia senza fili, ricevitori per segnali telegrafici trasmessi via radio. Ma anche apparecchiature come l’intensimetro in grado di misurare le radiazioni emesse da una sorgente di raggi X.

Il Ronzatore, l’Ululatore, lo Scoppiettatore

E poi strumenti sonori originali come il “Ronzatore”, lo “Scoppiettatore”, il “Crepitatore” e “L’ululatore”, opera di Luigi Russolo, compositore, pittore, inventore, firmatario del manifesto “L’arte dei rumori”.

Una mostra da vedere assolutamente

Seguendo un allestimento assai particolare, ogni sala presenta schede precise sul periodo, gli autori, le opere e i diversi movimenti, che denunciano il vario modo con cui si esprimono gli artisti, a seconda della personale scelta dei temi, delle teorie delle tecniche prescelte.In sostanza: una mostra di vedere con attenzione, fino al 28 febbraio 2025,  cercando di “appropriarsi” delle sensibilità e degli sviluppi personalissimi di ogni artista nella peculiarità di ciascun movimento specifico.

In Viale delle Belle Arti  a Roma

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Luisa Chiumenti

Architetto, progettista e Direttore Lavori per committenze pubbliche e private per edilizia scolastica, piani urbanistici, restauri, recupero e valorizzazione di edilizia industriale. CTU del Tribunale di Roma, nata a Milano il 30 maggio del 1940. Docente presso Istituti Superiori e presso la Facoltà di Ingegneria di Roma La Sapienza, relatrice in Master, Seminari e corsi di aggiornamento presso sedi universitarie (Roma e Reggio Calabria).