Ha già superato l’inglese e per i top manager è ormai indispensabile. Pechino finanzia mille scuole in tutto il mondo. E c’è chi va in Asia per studiare gli ideogrammi.
(UMDI UNMONDODITALIANI) Mandarino contro inglese. Oriente e Occidente non si fronteggiano solo sui mercati finanziari e nella corsa al riarmo. La Cina acquista i debiti di Europa e Stati Uniti, domina il commercio, si prepara a sostituire euro e dollaro con lo yuan, prossima valuta mondiale di riserva, ma prima di tutto punta a conquistare la comunicazione del secolo.
Dieci anni fa nessuno avrebbe immaginato che il putonghua avrebbe superato la Grande Muraglia. Nel 2011, senza che nessuno se ne accorgesse, l’ennesimo primato è battuto: dall’inizio di ottobre il cosiddetto cinese è la lingua che il maggior numero di stranieri ha iniziato a studiare. Un boom senza precedenti, per quantità e rapidità. Nel 2000 erano poco più di due milioni i non cinesi che tentavano di imparare gli ideogrammi del mandarino. Oggi sono 50 milioni e la domanda è talmente forte che scuole e università si scoprono spiazzate. La Cina diventa la seconda potenza economica del pianeta e il “cinese” è già la prima potenza linguistica.
È la madrelingua di 850 milioni di individui e altri 190 milioni lo parlano perfettamente come secondo idioma, pari al 70% dei cinesi. L’inglese, che ha dominato l’ultimo secolo, è compreso oggi da 340 milioni di madrelingua, oltre che da 510 milioni di non anglofoni.
Non sapere il mandarino è il nuovo incubo di uomini d’affari e professionisti e per la Cina è un successo senza precedenti. Perfino i contratti iniziano ad adottare gli ideogrammi e nelle trattative politiche e commerciali le delegazioni di Pechino pretendono di esprimersi nella lingua madre. E’ lo scenario per il 2050: due miliardi di parlanti mandarino, opposti a 500 mila di anglofoni. Quattro a uno, come il peso economico, il valore della valuta e le proprietà detenute all’estero.