I test condotti dai ricercatori dell’Università della California su pazienti epilettici per tradurre gli impulsi elettrici cerebrali trasmessi all’apparato fonatorio. “Trascritta buona parte di parole e frasi”
Forse i neuroscienziati hanno davvero fatto un passo avanti per leggere il pensiero. O quasi. In particolare, è il team di ricercatori dell’Università della California di San Francisco a cantare vittoria rispetto al lavoro fatto in questi ultimi mesi, finanziato da Facebook, per sperimentare un dispositivo che traduce in tempo reale i segnali elettrici cerebrali associati all’ascoltare e al rispondere a una domanda, e li trascrive in diagrammi. I dettagli di questo “decoder” sono finalmente illustrati nello studio pubblicato sulla rivista Nature Communications e coordinato da Edward Chang. Uno degli obiettivi: comprendere e trattare alcune malattie neurologiche.
Ricerca
Gli autori della ricerca hanno monitorato, attraverso degli elettrodi, l’attività cerebrale di tre pazienti epilettici sottoposti ad alcuni test clinici, durante i quali ascoltavano una serie di domande predefinite e formulavano delle risposte. Utilizzando solo i segnali nervosi registrati, i ricercatori sono stati capaci di distinguere quelli associati all’ascolto rispetto agli impulsi elettrici legati alle risposte verbali. In realtà, siamo ancora lontani dal riuscire a leggere cosa passa nella mente di una persona, cosa che resta però il sogno di molti. Come Elon Musk, che ha da poco presentato gli incoraggianti risultati ottenuti con il suo ambizioso progetto Neuralink collegando il cervello di una scimmia a un computer che ne eseguiva i comandi. Anche la ricerca di Musk & Co ha messo a punto tecnologie che potranno aiutare i paraplegici e altri malati con gravi disabilità nella comunicazione. Lo scopo è condiviso da Chang che durante i test, sostiene di essere riuscito a individuare domande e risposte con un’attendibilità tra il 61% e il 76%. Un risultato importante, secondo David Moses che fa parte dell’équipe, soprattutto se si considera che sono state decifrate parole e intere frasi, come ha spiegato al Guardian, anche se con un vocabolario ancora limitato che presto gli algoritmi aiuteranno ad ampliare.”La corteccia cerebrale – spiegano ancora i ricercatori – è formata da aree distinte, nelle quali i neuroni codificano una rappresentazione dei dialoghi, sia delle parole ascoltate che di quelle riprodotte”. Riuscire, quindi, a registrare in qualche modo quest’attività cerebrale, può aiutare a decifrare in tempo reale il linguaggio del cervello con un’accuratezza pari a circa il 60%. Finora si tratta di impulsi inviati dal cervello ai muscoli dell’apparato fonatorio, quindi ben lontani dal pensiero che non abbiamo alcuna intenzione di trasformare in comunicazione. Ma lo scenario appare inquietante a chi, come Winston Chiong neuroroetico dell’Ucsf che non ha partecipato allo studio ma non nasconde dubbi sulle inopportune potenzialità delle “neuroprotesi del futuro” che potrebbero arrivare a svelare anche i nostri pensieri più reconditi. Per il momento Chang fa sapere di non avere alcun interesse ad andare così in profondità, mettendo davanti a tutto l’esigenza di aiutare i malati a recuperare il linguaggio. Ma come per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e la robotica il rischio potrebbe dipendere molto da come queste tecnologie saranno impiegate.
di Andrea De Marco