Prime condanne nel processo Eni-Nigeria: quattro anni di reclusione per Obi Emeka e Gianluca Di Nardo. Secondo l’accusa Eni avrebbe versato una tangente da un miliardo e 92 milioni di dollari a politici nigeriani e, tra le varie ipotesi, anche a ex manager per acquisire il giacimento Opl-245 sul delta del Niger.
Condanna a quattro anni di reclusione per Obi Emeka e Gianluca Di Nardo, due degli imputati nel processo Eni-Nigeria. La sentenza, pronunciata dal gup di Milano Giusy Barbara, riguarda una prima parte del procedimento per una sospetta tangente da un miliardo e 92 milioni di dollari che sarebbe stata versata da Eni a politici della Nigeria e, tra le ipotesi, anche a ex manager del colosso energetico per l’acquisizione del giacimento Opl-245 sul delta del Niger. Nella ricostruzione dei pm i mediatori, nel 2011, avrebbero ricevuto tangenti distribuite poi a diverse persone, sia nigeriane che italiane, con la regia dell’allora presidente nigeriano Goodluck Jonathan e di due ex ministri nigeriani. I pm Fabio De Pasquale e Sergio Spataro avevano chiesto una condanna a cinque anni per Emeka e Di Nardo. Ai due imputati sono stati confiscati 94,8 milioni di dollari e 21 milioni di franchi svizzeri.
Eni dichiara di essere estranea alla vicenda
Gli altri imputati – che hanno scelto il rito ordinario – sono l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e l’ex numero uno Paolo Scaroni, oltre al faccendiere Luigi Bisignani accusato di essere uno dei beneficiari delle tangenti e tra i mediatori dell’accordo. I vertici di Eni hanno sempre dichiarato la loro estraneità alla vicenda sostenendo di aver sempre trattato direttamente con il governo nigeriano. Anche la società petrolifera attraverso un portavoce ha ribadito la correttezza del proprio operato nell’acquisizione di OPL 245 in Nigeria e di avere trattato e concluso l’operazione direttamente con il Governo nigeriano. Il portavoce aggiunge di confermare “la propria totale fiducia nell’operato dei giudici del dibattimento che si sta svolgendo presso la settima sezione dello stesso Tribunale. Eni ritiene che in tale sede verrà effettuata una ricostruzione dei fatti completa ed esaustiva”, mentre ora si è proceduto per rito abbreviato. Con tale ricostruzione, dice l’Eni, si “potrà definitivamente consentire di provare la totale estraneità della società a qualsiasi ipotesi corruttiva”.
di Andrea De Marco
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