Donna incinta uccisa, ma potrebbero essere due donne diverse, due storie, due finali contrastanti. La campagna russofobica dell’Occidente. L’acciaieria “Azovstal’”, ultima resistenza ucraina, la guardia armata sbucata dal nulla e la fotografia ai nostri pass stampa che ci erano stati rilasciati dalle autorità della Repubblica Popolare di Donetsk. “attacco aereo russo” ma i tetti sono intatti. Qual è la verità?
Reportage esclusivo UMDI di Claudio Beccalossi
Donna incinta uccisa ripresa dai media di tutto il mondo, ma potrebbe essere una messinscena nel generale “drama” destinato all’Occidente. Continua il viaggio nei territori al centro del conflitto Russia-Ucraina, laddove gli occhi e i sensi del giornalista lasciano continui sospesi su quella che è la narrazione main stream. Così come è stato per la grande “commedia” della pandemia. D’altronde noi di UMDI siamo soliti porci delle domande…
Donna incinta uccisa e la campagna russofobica dell’Occidente. Il quartiere “Nevskij”
– Lasciata l’estensione di dolore e raccapriccio del cimitero di Staryi Krym (con le sue migliaia di tombe di vittime di guerra non identificate) ci siamo diretti ancora verso l’area dell’acciaieria “Azovstal’” necessitando d’ulteriore documentazione. Per arrivarci abbiamo ripercorso il tragitto attraverso zone di distruzione e macerie fermandoci per delle foto, poi, all’estrema periferia di Mariupol’, in un quartiere in fase d’edificazione dai russi, il microdistretto “Aleksandr Jaroslavič Nevskij”, con abitazioni, scuole, ospedale ecc. Il lavoro di rinascita dalla tragedia bellica ferve, di pari passo alla feroce campagna russofobica dell’Occidente ed all’ingrasso con soldi ed armi del regime fratricida di Kyïv…
Acciaieria “Azovstal’”, ultima resistenza ucraina
Dopo esserci rifocillati in uno snack bar nei pressi del Teatro d’arte drammatica dell’Oblast’ di Donetsk (o Teatro Drama, dove, dietro i teloni, stanno proseguendo i lavori per il suo rifacimento sui pochi resti sopravvissuti alle bombe), ci siamo rimessi in marcia per raggiungere, passando accanto al municipio della città danneggiato e ad una lunga teoria di fabbricati nella devastazione e senza anima viva, l’impianto metallurgico dell’ultima resistenza delle truppe ucraine, composte soprattutto da appartenenti al Reggimento “Azov”.
Veicoli squarciati, frantumi di razzi, pallottole cariche, proiettili
Ancor prima dell’ingresso principale, a destra, quasi al termine del ponte sul fiume Kal’mius, hanno abbandonato ancora lì, su un attraversamento secondario interrotto, gli automezzi ormai rottami finiti sotto il fuoco dei belligeranti. Il piazzale d’accesso, nonostante sia stato parzialmente sgomberato, è ingombro di veicoli squarciati, detriti ferrosi, frantumi di razzi, pallottole cariche, proiettili, avanzi vari di rabbia bellica.
Devastazione biblica
Ad un’altra entrata al vasto labirinto dell’“Azovstal’”, dove ci ha condotto il reporter Vittorio Nicola Rangeloni, lo scenario è stato, di nuovo, da devastazione biblica. Con edifici semi abbattuti o diroccati dalla contrapposizione armata, caterve di bossoli d’artiglieria pesante sull’asfalto, carcasse di autoveicoli, grandi buche provocate dall’esplosione di razzi e granate, perfino indumenti militari abbandonati. Tutto nel silenzio più assoluto.
Armato, urla concitato in russo. Il guardiano venuto dal nulla
Le intimazioni d’un guardiano armato – Superato uno sbarramento a proseguire (con cavalli di Frisia e barriera chiodata per scongiurare i più ostinati), ci siamo inoltrati poco oltre, facendo attenzione al pericolo di mine o quant’altro ancora presenti nell’immensa superficie non del tutto bonificata dall’enorme quantitativo di ordigni utilizzati di cui molti inesplosi.
Cancellate quelle foto!
Appena il tempo di qualche foto ed ecco che, da qualche postazione ad un centinaio di metri di distanza, è sbucato fuori un guardiano armato che è venuto verso di noi con fare minaccioso, urlando concitato in russo. Vittorio, di madrelingua russa, dopo aver imprecato contro Mihailo e me per esserci avventurati incoscientemente in angoli a rischio, è andato incontro al tizio per poi spiegargli chi eravamo (giornalisti) e mostrargli i nostri pass stampa che ci erano stati rilasciati dalle autorità della Repubblica Popolare di Donetsk e che ci siamo portati sempre appresso.
Per nulla tranquillizzato e, a mio parere, per niente interessato alla nostra incolumità personale nell’area in risanamento militare e ritenendoci spie, l’interlocutore armato ci ha ordinato di cancellare le foto fatte in precedenza all’interno ed abbiamo accondisceso per non creare problemi.
La finta delle immagini cancellate
Avevo scattato immagini sia con la macchina fotografica che col cellulare e, quindi, le foto da me eliminate davanti alla persona concitata sono state solo un paio del primo apparecchio, riuscendo a salvare le altre del secondo.
Fotografano i nostri pass stampa
Sempre in tono esagitato (e, quindi, pericoloso per una sua recrudescenza comportamentale, tra l’altro in assenza di testimoni) ha voluto registrare col suo cellulare i nostri pass per poi lasciarci andare, sempre su pressioni alla calma di Vittorio. Il momento di tensione è stato recepito da noi come dovuto alla nostra (cosiddetta) negligenza nell’accedere ad un’area proibita. Un azzardo che, comunque, avrebbe potuto assumere risvolti funesti…
Mar d’Azov ghiacciato e treni bruciati
Scampati alla stretta aggressiva armata, siamo rientrati nei… ranghi. Forse un po’ umiliati, forse un po’ censurati… E, quasi per inghiottire il brutto rospo, ci siamo spostati lungo il litorale del mar d’Azov (in russo Azovoskoe more) per una breve sosta su un pontile da dove s’è potuta osservare la superficie ghiacciata. Nei pressi abbiamo constatato i giganteschi danni alle infrastrutture ferroviarie di Mariupol’. Quali monumenti alla brutalità militare d’ambo le parti, su binari poco lontani dall’assetto principale della stazione della città, hanno posizionato convogli bruciati, drammatica memoria dell’acuta fase di conflitto russo-ucraino. Stigmate di storia recente, recentissima…
Pediatria e Maternità colpiti da un attacco aereo russo?
Prima di tornare a Donetsk, ho pregato Vittorio di condurmi nell’ospedale bombardato su cui i media occidentali, durante il sanguinoso battagliare russo-ucraino, s’erano particolarmente accalorati, fornendo versioni discordanti se non fake news. Il 9 marzo 2022 il consiglio municipale di Mariupol’ aveva diramato la notizia che i reparti di pediatria e maternità erano stati colpiti da un attacco aereo russo, uccidendo 3 persone e ferendone almeno 17. Erano stati mostrati e rimostrati alla nausea (a sbandierata “riprova” della “barbarie” russa) video e foto d’una donna incinta trasportata su una barella e quella che pareva la stessa in piedi, apparentemente smarrita. Donna data poi per morta assieme al bimbo che portava in grembo.
Facta: due storie, due finali diversi
Secondo quanto accertato dal sito Facta si sarebbe trattato di due pazienti in gravidanza e non d’una sola.
Due situazioni uguali, quindi, con finali purtroppo diversi: ad una donna il parto sarebbe andato bene, all’altra avrebbe portato tragiche conseguenze alla madre ed al bambino. Il condizionale rimane comunque d’obbligo. Anche perché l’ennesimo “marchio d’infamia” nei confronti dei russi potrebbe essere stato creato a tavolino dagli strateghi di parte esclusivamente ucraina, con due incinte fatalmente simili nell’aspetto, fatalmente ricoverate nello stesso ospedale e, sempre fatalmente, prossime a partorire… Troppe o strane coincidenze?
Bombe cadono dall’alto ma i tetti restano integri
Lo stato degli immobili ospedalieri (parzialmente in ristrutturazione), “visti da vicino”, hanno fatto dubitare, inoltre, sulla realtà del cosiddetto “attacco aereo russo” che, se si fosse effettivamente verificato, avrebbe arrecato danni ben maggiori (soprattutto sui tetti) di quelli da me certificati con varie foto. Invece, quanto ho attestato con immagini mostra coperture pressoché intatte e rovine alle parti anteriori delle strutture, come per effetto di colpi a gittata orizzontale ravvicinata e non provenienti da incursioni aeree. Ma, con simili incongruenze, la macchina della disinformazione e della sceneggiatura scritta altrove può veramente trasformarsi in tabù?
Nota del direttore
Siamo giunti alla 9^ puntata del racconto in 10 puntate fatto da un testimone oculare di quella che è la situazione della guerra Russia Ucraina. Abbiamo assistito, durante la cosiddetta pandemia, alla uniformizzazione della informazione che, di fatto, è divenuta strumento in mano al potere che ha messo a punto una strategia di controllo che oggi sta venendo fuori, poco a poco, grazie al quotidiano La Verità diretto da Maurizio Belpietro e alle battaglie composte e rilassanti di Francesco Borgonovo, alle inchieste e le interviste di Fabio Duranti su Radio Radio, a Diego Fusaro, BioBlu a pochi altri media non allineati insieme a filosofi senza paraocchi come Giorgio Agamben e Massimo Cacciari. Giusto dubitare, dunque, su quello che ci arriva su giornali e Tv come verità sacrosanta. E’ una versione. Ai nostri lettori piace fornire più versoni, più punti di vista, letture e interpretazioni divergenti e diversificate affinchè possano farsi un’idea propria e personale dei fatti. E’ questo il ruolo dell’Informazione. Un Mondo d’Italiani lo sa.
Quid est Veritas?
Quid est veritas? Ponzio Pilato durante l’interrogatorio a Gesù. «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte». Vangelo secondo Giovanni (18:38).
(9 – continua)
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