Crisi lavorativa da Covid che nell’ultimo ha quasi eliminato del tutto il lavoro femminile dell’Italia. Di 101 mila posti lasciati vuoti, 99 mila sono solo quelli delle donne
Crisi lavorativa da Covid che si prospettava già all’inizio della pandemia, e a pagarne le conseguenze è il gentil sesso. I dati Istat ci rivelano che 101 mila persone hanno perso il proprio lavoro, di queste, 99 mila sono solo donne. Una differenza abissale. La causa principale è dovuta alla mancanza di politiche adeguate a tutelare le lavoratrici.
Crisi lavorativa da Covid: perché nonostante il blocco dei licenziamenti si è verificata questa frattura?
La verità è che moltissime donne lavorano con la partita Iva, oppure compiono i lavori più fragili e quasi per niente tutelati dalla società, come ad esempio il settore delle pulizia domestiche o assistenza agli anziani. Da anni ormai, questo era un dato conosciuto da tutti, ma con l’arrivo della Pandemia dovuta al Covid19, le grandi fratture del paese sono venute fuori in modo esponenziale. Alle donne ricade completamente la cura della famiglia, sono quelle con meno tutele contrattuali, quelle che ricorrono maggiormente alla partita iva e al lavoro autonomo, che hanno sulle spalle la cura dei più anziani. Per tutti questi motivi, sono le prime a perdere il lavoro quando c’è da barcamenarsi con la vita privata. Lo perdono quando l’incertezza economica è tale che si salvano solo coloro che hanno contratti stabili o posizioni più alte nella piramide aziendale.
Il Recovery Fund, un’occasione persa
Bisognava prendere da subito sul serio le rivendicazioni che molte donne hanno fatto durante questi mesi, chissà se la realtà presentata dall’Istat convinca meglio la nostra società a mettere a fuoco il problema e le soluzioni. Se manca un investimento valido e finalizzato a fare ripartire l’occupazione femminile l’Italia non riparte ora e non ripartirà a breve. Prima dell’arrivo del Covid, nel Bel Paese, lavorava meno della metà della popolazione femminile. Ora il numero scende ogni giorno di più. E questo pesa sul Pil e sulla salute sociale del Paese, se non basta parlare della legittima crescita di ogni donna.
Il Recovery Fund poteva essere un mezzo perfetto per investire soldi e mettere in circolo l’occupazione femminile, peccato che ci sia fermati a bonus e piccole somme invece di progettare un piano vasto, che permettesse di ripensare nella totalità il corretto accesso di ogni donna nel mondo del lavoro. Non c’è più tempo da perdere, la catastrofe era annunciata da tempo, solo non si è voluto vederla.
La Dad e la chiusura delle scuole
Ad incrementare la perdita del lavoro, ci ha pensato la Dad, pensata dalle scuole per far sì che gli studenti potessero continuare l’anno scolastico attraverso delle piattaforme social. Soprattutto chi ha bambini che frequentano la scuola primaria ha dovuto lasciare il proprio posto di lavoro, in quanto con il semi lock down molti occupati sono ritornati alla loro attività, per aiutare il proprio bambino a studiare. La tutala da parte dello Stato, su molte donne, in queste condizioni, è stata quasi nulla.
- Mascherine Ffp3 introvabili distribuite a Calvi dell’Umbria. Il Covid non fa paura
- Biagio Izzo spettacolo Isernia con una commedia brillante
- Merletto a tombolo Isernia protagonista a San Giovanni Rotondo e Lugano
- Un regalo dal passato, film girato a scuola, con Cinemart, degli studenti di Casperia
- Calma i nervi, equilibra la mente, colora le emozioni: arriva l’art therapy