Un maniero, una torretta, un loggiato: sembra una favola, e invece è la residenza dei discendenti dell’antica famiglia nobiliare D’Alena, oggi De Jorio – Frisari e Petrecca, al centro di uno studio per una tesi di laurea in architettura della neodottoressa Valentina Lancellotta.
(UMDI – UNMONDODITALIANI) Una torretta rivolta ad Oriente, per carpire il sorgere del sole, il Castello di Macchia d’Isernia è fortezza in epoca normanna che, nella prima metà del 1100 fu residenza di Clementina, figlia di Ruggero II il Normanno, re di Sicilia, che andò in sposa a Ugone di Molise. Fin qui le notizie coreografiche. Per uno studio scientifico sul maniero che oggi appartiene alla famiglia de Jorio-Frisari, che detiene il titolo di Conte di Bisceglie e Patrizio di San Vincenzo al Volturno, dobbiamo attendere il 2016, che ha visto la fortezza protagonista di una interessante tesi di Laurea da parte della neo dottoressa in Architettura, Valentina Lancellotta, discussa all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara, relatore arch. Cladio Varagnoli, correlatore arch. Stefano Cecamore. “Macchia, in contado di Molise, in diocesi d’Isernia. Questa terra è detta nelle situazioni del Regno di Macchia prove Isernia, e presso qualche scrittore Macchia de’ Saraceni. Nelle carte angioine è detta Macchia”. Le ricerche di Valentina Lancellotta si sono incentrate su documenti originali del ‘600, del ‘700 e dell’ ‘800. La studentessa si è recata personalmente all’Archivio di Stato di Napoli, a quelli di Campobasso e di Isernia, e ha consultato e trascritto l’atto di conferimento dei privilegi nobiliari alla famiglia D’Alena del 1748 e lo Stato dei Beni della Famiglia conservati nella dimora storica. Appena 1000 abitanti, e una storia lunga mille anni. “Ella è situata in luogo montuoso – si legge nel Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli del 1802 – in faccia d’Oriente e mezzogiorno, onde vi si respira un’aria temperata. Vien circondata da due fiumi, che chiamano la Lorda quello verso Oriente, e Cavaliere, l’altro verso Occidente proveniente da Isernia. La detta terra è tutta murata, e il territorio è fertile in grano, granone, e lino, prodotti che superano il bisogno della popolazione, ma poco raccoglie di vino e di olio. La distanza che tiene da Isernia è di circa due miglia. La popolazione ha circa 690 individui addetti all’agricoltura. La tassa del 1532 fu di fuochi 75, del 1545 di 82, del 1561 di 90, del 1595 di 103, del 1648 di 103 e del 1669 di 129. Nel suo territorio vi è il feudo di San Martino. Fu posseduto dalla famiglia Marra, avendola nel 1622 Gio:Battista donata al di lui fratello. Nel 1628 ad istanza di creditori di detto Gio:Battista della Marra fu venduta da S.C. a Cesare di Grazia per ducati 24650. Al presente si possiede dalla famiglia D’Alena”.
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
“Case addossate le une alle altre – leggiamo nell’inquadramento territoriale a cura di Valentina – raggruppate intorno al castello o al palazzo, ad avvolgimento totale: cosi è costituito il sistema difensivo del centro storico di Maccla Sarracina (Macchia Saracena), definizione non sicura del XIII secolo del borgo, in provincia di Isernia. Possiamo però affermare con certezza, grazie ai documenti ritrovati, che dalla seconda metà del XV secolo la “fortezza” inizia a subire delle trasformazioni, e che dal 1777 si presenta con l’aspetto con cui appare oggi, perdendo via via il suo ruolo principale per diventare una dimora residenziale”. “La facciata principale – prosegue la Lancellotta – domina la piazza, presenta nella parte del basamento le tipiche pareti delle fortezze medievali, mentre la parte superiore è caratterizzata da un loggiato coperto, scandito dalla presenza di sette archi a tutto sesto. Una seconda loggia, di dimensioni nettamente inferiori è stata realizzata sulla torre circolare la cui copertura poggia rispettivamente su cinque piccoli archi, ed infine è presente una terza loggia, questa volta scoperta, posta sopra la “porta del Baglio” (porta da cui si accede al borgo). All’interno vi è il cortile di forma trapezoidale e lastricato con pietra locale, dal quale si accede agli ambienti del piano terra, mentre è possibile accede al primo piano attraverso una scalinata, la cui copertura è costituita da volte a crociera su base quadrata. Lo scalone presenta, nella copertura, il decoro della romanella”.
STATO DI CONSERVAZIONE
“Nella lettura dello stato di conservazione – va avanti la neo dottoressa – si evince che la fabbrica nel suo complesso si conserva bene seppure presenta delle forme di degrado sulle superfici esterne, molto evidenti, tra cui le più frequenti sono: alterazione cromatica; degrado antropico e vegetazione spontanea. L’alterazione cromatica si manifesta attraverso la variazione di uno o più parametri che definiscono il colore: tinta, chiarezza e saturazione. Le cause sono biodeteriogeni; inquinanti atmosferici; radiazioni solari; affioramento di macchie; assorbimento differenziato del supporto; emersione del pigmento in fase di decoesione e successivo dilavamento della superficie. L’intervento consiste nell’effettuare una scialbatura con grassello di calce per colmare le lacune esistenti nella pellicola pittorica che ricopre lo strato più superficiale dell’apparecchio murario, in modo da ripristinare la continuità cromatica e, allo stesso tempo, ristabilire la funzione protettiva dello strato pittorico.Il degrado antropico è caratterizzato dalla collocazione di elementi estranei all’apparecchio murario dovuto ad una scorretta manutenzione e/o ad un uso improprio dell’intero parametro esterno. Per fare fronte questo occorre intervenire attraverso la rimozione meccanica, ovvero alla rimozione dei depositi e delle incrostazioni che ricoprono l’apparecchiatura muraria e all’asportazione della malta cementizia. Per far fronte al degrado dovuto alla vegetazione spontanea, ovvero alla presenza di muschi e piante, l’intervento può essere: di tipo meccanico con azioni abrasive o che ricorrono a strumenti in grado di esercitare pressioni o tagli, per i quali occorre prestare particolare cura nella rimozione poiché un’incauta estrazione meccanica potrebbe pregiudicare il supporto. E’ quindi necessario aspettare l’essiccazione della vegetazione per poi rimuoverla in un secondo momento; di tipo chimico con applicazioni a spruzzo, a pennello, a tampone o ad impacco di sostanze in grado di rimuovere la materia di tipo dannoso; di tipo misto unendo l’azione meccanica a quella emolliente esercitata con l’ausilio di acqua in varie forme, diretta contro le superfici da trattare”.
PROPOSTA PROGETTUALE
La proposta progettuale avanzata dalla Lancellotta consiste nel sostituire l’attuale destinazione d’uso della fabbrica, di residenza privata, con una di tipo ricettivo, più precisamente “residenza d’epoca”. Per rendere possibile la realizzazione è stato necessario soddisfare alcuni requisiti dettati dalla normativa, ovvero individuare gli ambienti da destinare a locale di ricevimento e portineria; locali comuni; locali obbligatori: bagno comune, locale accessorio – armadio per il deposito della biancheria, locale accessorio per il deposito degli attrezzi; locali per gli addetti; alloggi e servizi accessori in unità abitative arredate costituite in uno o più locali dotate di servizio autonomo di cucina. Quindi sono stati individuati sei alloggi, tre per piano, di cui due, al piano terra, con accesso autonomo; tre aree comuni e due di ricevimento e portineria, una per piano. La proposta progettuale prevede anche la riqualificazione dello spazio antistante il castello, attraverso la realizzazione di un’area verde ed un percorso pedonale delimitato da un filare alberato atto a mettere in evidenza l’accesso alla struttura, creando anche delle zone d’ombra”.
“E’ doveroso ringraziare il prof. Giulio De Jorio-Frisari – conclude la dr.ssa Lancellotta – con il quale ora si è stabilito un rapporto di amicizia e stima reciproca. Fin da subito si è dimostrato interessato al mio lavoro di ricerca, mostrando di avere piena fiducia nella mia persona, tanto da darmi la possibilità di consultare e “lavorare” sull’intera documentazione storica in suo possesso, la quale rappresenta una vera e propria testimonianza sull’importanza del palazzo in cui oggi vive con la sua famiglia.”