Vi dimorò Clementia –figlia del re di Sicilia Ruggero II – sposa di Ugone II de Moulins, il potente conte di Molise che aveva eletto a sua sede il castello di Civita di Bojano. La regina di Napoli, Sancia, seconda moglie del re Roberto d’Angiò alla cui corte erano presenti Boccaccio e Petrarca, soggiornava nel castello della raffinatissima corte reale nel Sannio. Tuffo nel passato con Molise Noblesse, Un Mondo d’Italiani, Centro Studi Agorà e i ragazzi del Servizio Civile di Bojano, nel Movimento per la Grande Bellezza di una piccola regione tenuto a battesimo da Mina Cappussi, per disvelare il mito della nobiltà del Molise e creare il brand. L’emiro di Bari Sabdan, che mise a ferro e a fuoco la rocca di Macchia. La monumentale linea che lega il loggione rivolto al tramonto nell’equinozio d’autunno con la torre verso la Chiesa posta a Levante, dove sorge il sole in primavera. I D’Alena composero una complessa strategia di potere legata alle attività della transumanza assumendo la signoria di varie baronie e feudi disposti lungo la linea dei tratturi e controllabili da una balconata del castello di Macchia
Guide d’eccezione: Saranno il conte Giulio de Jorio Frisari e la contessa Teresa Petrecca
Saranno il conte Giulio de Jorio Frisari e la contessa Teresa Petrecca ad illustrare le stanze e i misteri del castello di Macchia d’Isernia. Squisiti padroni di casa, ospiteranno, mercoledì 27 settembre 2017 alle ore 10.00, nel salone al piano nobile del maniero, raggiunto dalla bella scalinata rinascimentale con colonnato, la conferenza “Il Castello di Macchia d’Isernia” seguita dalla speciale visita guidata. Organizzato da Centro Studi Agorà con Un Mondo d’Italiani quotidiano internazionale, Molise Noblesse e Servizio Civile Nazionale Turchese, l’evento si pone all’interno del progetto Molise Noblesse Festival – Movimento per la Grande Bellezza di una piccola Regione, che porta la firma di Mina Cappussi e partenariati illustri, e vedrà la presenza dei volontari dei progetti Turchese Molise e Argento Campobasso di Agenzia Agorà.
Tuffo nel passato
“Un tuffo nel passato – spiega Mina Cappussi – e nella storia affascinante di una fortezza di epoca normanna che, nella prima metà del 1100 fu residenza di Clementina, figlia di Ruggero II il Normanno, re di Sicilia, sposa di Ugone di Molise”.
Dai Normanni agli Angiò, dai D’Affitto ai baroni Rotondi,l fino a d’Alena e Frisari
Il castello è stato dimora di diverse famiglie, dai Normanni agli Angiò, dai d’Afflitto ai baroni Rotondi. Acquistato da Giovanni Donato della Marra con il titolo di Conte nel 1564, nel 1748 fu ceduto al barone Nicola d’Alena. Con Celeste d’Alena, il nome della famiglia si è estinto, e il titolo di barone di Macchia, in seguito al matrimonio della baronessa Celeste, è passato alla famiglia Frisari. Attualmente il castello appartiene alla famiglia de Iorio-Frisari, che detiene il titolo di Conte di Bisceglie e Patrizio di San Vincenzo al Volturno.
Molise Noblesse, un progetto per battezzare il brand della regione
“Molise Noblesse Festival – prosegue la Cappussi – è un progetto di ampio respiro che parte dal messaggio virale che da qualche anno ha portato l’attenzione sul “Molise che non esiste”, utilizzando a proprio vantaggio l’imprevista notorietà data alla regione. Ovvero, il Molise esiste ed è Nobile. Per tradizioni, per storia, per accoglienza, per bellezze naturali, per dignità del suo popolo, discendente dei fieri Sabini. Disveliamo il Mito della nobiltà del Molise e di una Emigrazione riscattata da immagini stereotipate e obsolete. Un brand per la promozione del territorio”. Il Molise può situarsi a pieno titolo nella rete internazionale della Cultura e dei Viaggi tra Storia, Memorie, Arte e Territori sul filo conduttore della nobiltà di una terra che ha un grande potenziale da sviluppare e lo fa con una serie di iniziative volte a costruire una memoria collettiva nel senso dell’appartenenza. Lo facciamo attraverso ricerche e iniziative volte a valorizzare i personaggi storici e i talenti molisani, e a far conoscere i mille volti della regione, i paesi, le chiese, i castelli, le dimore storiche, i luoghi caratteristici, le tradizioni (anche attraverso esperienze sensoriali, percorsi d’arte, concerti, piece teatrale). Intendiamo costruire una immagine suggestiva del Molise “La Grande Bellezza di una piccola Regione” che sia appetibile all’esterno; gettare le basi per una lettura consapevole, dall’interno, da parte degli stessi molisani, della “nobiltà” del Molise autentico; sviluppare un focus sugli intellettuali molisani emigrati nell’ottica della valorizzazione del territorio attraverso la nobiltà delle genti molisane. Insomma, intendiamo dar vita ad una nuova identità del Molise, un brand, da interiorizzare qui in regione e far veicolare alla comunità molisana all’estero”.
L’appuntamento è alle 10 al castello, per la conferenza del prof. Giulio de Jorio Frisari, seguita dalla visita guidata alle 11.00. Previsto anche un momento conviviale e una passeggiata per le strade del borgo, magari fino alla taverna che nel periodo romano accoglieva i viandanti e dove fu rinvenuta la famosa insegna di Calidio Erotico, trafugata ed esposta al Louvre di Parigi, “Iste mulus me ad factum dabit! – Questo mulo mi porterà alla rovina!”.
Dal Chronicon Volturnense il privilegio di palmento. Ugo de Moulins e la figlia del re Ruggero II
“L’antico feudo di Macchia d’Isernia – ci spiega in anteprima Giulio de Jorio Frisari d’Alena – era denominato Macchia Saracena e sorgeva su di un’area dove insistevano precedenti ville romane. Il Castello Baronale d’Alena de Jorio Frisari è stato protagonista di molte vicende storiche da quando, nel IX secolo, l’emiro di Bari Sabdan mise a ferro e a fuoco la rocca di Macchia prendendo possesso di Venafro: da allora si presume che Macchia abbia assunto il nome di “Saracena” per l’insediamento dei terribili guerrieri. Nel “Chronicon Volturnense” con riferimento al X secolo, il territorio, che ha costituito poi con i Normanni il feudo di Macchia Saracena viene indicato per il privilegio di “palmento” ovvero di fare il vino, concesso dall’abate di San Vincenzo. All’altezza del X – XI secolo viene innalzata la fortezza con una originale cinta in forma di terrapieno “a scarpa” che oggi si ammira come basamento del Castello in cui emerge quasi dissimulato un volto a bassorilievo come scultura rupestre dall’aspetto leonino. Nel XII secolo una delle figlie di re Ruggero II – Clementia – ebbe tra i feudi, Macchia Saracena avendo sposato Ugone II de Moulins, il potente conte di Molise, tra i “pari del regno”. Si presume che nel Castello, nel periodo in cui viene riportato dai codici come pertinenza del territorio di Isernia, i nobili del capoluogo abbiano portato le chiavi della città nelle mani dell’imperatore Federico II come atto di sottomissione: erano gli anni tra il 1221 ed il 1223”
La regina di Napoli, Sancia, moglie di re Roberto d’Angiò. Boccaccio, Petrarca e la raffinatezza della Corte reale del Sannio narrata da Certaldese
“Tra il 1340 ed il 1343 – incalza il conte Frisari – Macchia Saracena è feudo in appannaggio della regina di Napoli, Sancia, seconda moglie del re Roberto d’Angiò alla cui corte erano presenti Boccaccio e Petrarca: proprio il Certaldese narra degli ameni soggiorni della raffinatissima corte reale nel Sannio, ovvero nelle terre dell’area di Isernia: è presumibile che la corte abbia soggiornato nel castello vivendo nei locali che oggi si trovano al piano inferiore. Tra la fine del XV ed l’inizio del XVI secolo la fortezza si ingentilisce con il sistema di logge. La struttura espone le arcate secondo un piano a “meridiana” orientato rispetto agli equinozi ed ai solstizi determinando un gioco di luci ed ombre che rappresenta la molteplicità dell’universo all’interno di un sistema architettonico unitario. Testimonianza di questa idea è l’Infilada, ossia la fuga prospettica dei portali nella successione di sale, una fuga geometrica definita dai portali risalente al XV inizio XVI secolo ed in forma di incrocio con la monumentale linea che lega il loggione rivolto al tramonto nell’equinozio d’autunno con la torre verso la Chiesa posta a Levante, dove sorge il sole in primavera”.
La sapienza dell’Umanesimo aragonese
“Il Castello – prosegue il castellano – testimonia con il monumentale scalone nella corte la sapienza nell’Umanesimo aragonese dove il potere era concepito come espressione di una armonia che doveva legare il cosmo al governo. Erano in quel periodo signori di Macchia i D’Afflitto, tra i primi del regno, presenti nella genealogia degli attuali baroni di Macchia d’Isernia
I più importanti aristocratici del potere transumante a Frosolone
“Fin dal XIII secolo i D’Alena, – precisa Frisari – gli avi dei baroni di Macchia, attuali proprietari del castello, ebbero dominio nell’area molisana, combattendo come cavalieri provenienti da una zona dell’affluente del Reno, il fiume Alena in quanto fedeli baroni dell’imperatore Federico II. Nel XV secolo ebbero dominio a Limosano avendo sposato una Piscicelli. Alla fine del XVI secolo si spostarono da Apricena a Frosolone divenendo progressivamente tra i più importanti aristocratici del potere transumante. Tra la fine seicento e i primi del settecento i D’Alena composero una complessa strategia di potere legata alle attività della transumanza assumendo la signoria di varie baronie e feudi disposti lungo la linea dei tratturi e controllabili da una balconata del castello di Macchia, sistemata opportunamente nel ‘700.
Una famiglia federiciana di origini bizantine e normanne, con Giorgio e Michele de Jorio, Leone Frisari
La famiglia de Jorio Frisari d’Alena federiciana per i D’Alena baroni di Macchia, ha origini bizantine e normanne con lo stipite nel patrizio protospadaro Giorgio de Jorio nel IX secolo, con Michele de Jorio cavaliere normanno al fianco degli Altavilla, con Leone Frisari nobile discendente dai fondatori della Repubblica marinara di Amalfi, Frisari conti di Ceglie (Bari) dal XIV secolo
Nelle sale della magnifica corte il suono dell’arpa
“Il Castello di Macchia d’Isernia – conclude Giulio de Jorio Frisari d’Alena – offre una armonia segreta nelle sue sale e nella magnifica corte che si apprezza ascoltando la musica dell’arpa diffondersi”
Di Sabina Iadarola e Fernanda Bruno
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