Caro Fiorello ti scrivo per dirti che non sei stato gentile. So che a volte si deve mettere il ‘matto in piazza’ per far ridere i cortigiani. Non racconto le lacrime alle riunioni Corvelva ove i genitori più fortunati erano quelli il cui figlio dopo il vaccino era deceduto. Non credo che lei non avesse in copione altre gag per quella serata. Perché ha scelto quella? Perché non una bella barzelletta su forni crematori? Se il suo mestiere comprende farsi beffe del dolore altrui, ridere e far ridere sulle pene e le lacrime di molti suoi concittadini, lei ha sbagliato mestiere
Caro Fiorello ti scrivo è l’incipit della missiva struggente di un padre – il dott. Valentino Soramaè Palazzi – di un figlio danneggiato da vaccino, amareggiato dalla performance dello showman, comico, imitatore, cantante, conduttore radiofonico e televisivo, attore e doppiatore originario di Catania, che nel corso della prima serata del 72esimo Festival di Sanremo ha messo in ridicolo coloro che esprimono dubbi sulla validità del vaccino anti Covid, di fatto umiliando i tanti che hanno subito gli affetti avversi nonchè i familiari di quelli colpiti da effetti fatali.
Caro Fiorello ti scrivo
“Gentile ROSARIO FIORELLO” – scrive Soramaè Palazzi – mi rivolgo a lei con questa lettera aperta che pubblicherò sui miei social. Lo scopo della mia lettera è di renderla edotto che durante il festival di Sanremo, che io non ho seguito, lei non mi è sembrato molto “gentile” con me e credo con una buona fetta di suoi concittadini”.
Che ridano i cortigiani!
“Ho pensato molto prima di scriverle – prosegue – tentando di mitigare rabbia e amarezza per le sue parole, credo volte a far “ridere” un uditorio più o meno vasto. D’altra parte questo è il suo mestiere. Non voglio ovviamente insegnarle il mestiere, io sono piuttosto noioso, ma a volte si deve mettere il ‘matto in piazza’ per far ridere i cortigiani. Nel mio caso, in qualità di padre di un figlio danneggiato da vaccino, il suo sketch di ieri non mi ha fatto ridere, mi ha profondamente amareggiato”.
Noi non abbiamo riso
“Mi permetto di dirle – va avanti la lettera – che se il suo mestiere comprende farsi beffe del dolore altrui, ridere e far ridere sulle pene e le lacrime di molti suoi concittadini, lei ha sbagliato mestiere.
Se lei avesse raccontato una barzelletta sugli ebrei, sugli omosessuali, sui Testimoni di Geova, sugli handicappati, sui terroni e così via, cosa si sarebbe aspettato? Mio figlio non ha potuto vivere una vita normale e fortunatamente non ha visto la sua performance. Credo non avrebbe riso, come non l’ho fatto io”.
Caro Fiorello ti scrivo: Meglio la morte?
“Non le racconto le peripezie sue e della nostra famiglia sino ai tribunali per i successivi rifiuti vaccinali. Non le racconto le lacrime alle riunioni Corvelva ove i genitori più fortunati erano quelli il cui figlio dopo il vaccino era deceduto. Non credo che lei non avesse in copione altre gag per quella serata. La mia domanda è: perché ha scelto quella? Perché non una bella barzelletta su forni crematori o sulle pratiche sessuali gaie?”
Lei ha aumentato la tensione sociale
“Ridere del dolore altrui – sottolinea il papà – non è giustificabile con ignoranza dei fatti o buona fede. Lei ha aumentato la tensione sociale già esistente dopo due anni di comunicazione stalinista di tutto il mainstream. Mi era simpatico, sottolineo era. Ora evito il giudizio e comunque mi terrò lontano da spiriti e spiritosi come lei che spargono sale su ferite ancora aperte”.
Caro Fiorello ti scrivo con le parole di Sciascia
“Avrei molto altro da dirle – conclude – ma uso un suo isolano: “«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… »
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