Un prete di Bari vieta a un bambino con un lieve ritardo cognitivo e un deficit comportamentale di frequentare la chiesa per il catechismo. Oltre la mamma, le polemiche si scatenano ovunque.
(UMDI – UNMONDODITALIANI) Nessun sacramento perché “la sua presenza durante la messa della domenica può disturbare gli altri bambini”. Questa affermazione parte dalla parrocchia Santa Croce, nel cuore del quartiere murattiano di Bari, contro un bambino con un lieve ritardo cognitivo e un deficit comportamentale. Il bambino, 10 anni, frequenta la quarta elementare. Spesso ha necessità di parlare a voce alta anche durante le lezioni o di alzarsi dal banco. Non vede bene, distingue le persone con il tatto e dall’odore. Studia, va a cavallo, ha molti amici che lo invitano alle feste, ma non può frequentare il catechismo nella stessa parrocchia dei suoi compagni di classe perché, è stato detto, “la sua presenza non permetterebbe agli altri bambini di seguire la celebrazione della messa”.
Una brutta situazione
Una storia di mancata inclusione che sua madre non può assolutamente accettare: “Non punto il dito contro nessuno – ha sottolineato – Ma voglio che mi si spieghi quello che, nonostante tante parole, non sono riuscita a capire”. E che comincia un anno fa, quando la donna partecipa a un incontro di mamme: “In quell’occasione il parroco mi disse che ne avremmo dovuto riparlare in privato – racconta – Preferii lasciar perdere. Ma quest’anno si trattava di iscrivere anche l’altro mio figlio di otto anni. E allora ci ho riprovato”. A fine settembre incontra don Vito Marziliano in parrocchia: “Con me c’era un’amica, volevo essere certa che ci fosse una persona più obiettiva di me. Lui non si ricordava e mi ha chiesto che problemi avesse mio figlio – spiega – Poi ha aggiunto: “Non ho esperienza con questi soggetti”. Io gli ho assicurato che il bambino avrebbe avuto sempre l’assistenza di un’educatrice”. Poi cominciano le domande: “Mi ha chiesto se l’educatrice riuscirebbe a far capire a mio figlio il messaggio cristiano e se lui ha necessità di alzare la voce o alzarsi spesso. E che in quel caso – racconta ancora la mamma – sarebbe stato difficile farlo partecipare anche alla messa”.
La popolazione chiede chiarimenti
Il rifiuto di don Vito arriva alle orecchie delle mamme di altri bambini, che gli chiedono chiarimenti: “Ha risposto loro che la parrocchia non è una scuola di calcetto”. E che subito dopo scelgono di trasferirli in altre parrocchie cittadine, pur con numerose difficoltà per gli spostamenti. A distanza di giorni, però, la donna non trova una risposta: “Sono disorientata – ammette – Ha senso nel 2017 parlare di tematiche come queste, che si credevano superate? E lui, parroco social, è autentico o ricoperto di una patina di ipocrisia? Negare i sacramenti a mio figlio è come negare l’estrema unzione”. Don Vito affida a una nota la propria replica. “E’ noto il rinnovato impegno che la nostra comunità parrocchiale profonde nella attenzione e nella cura per la preparazione dei bambini ai sacramenti, con la partecipazione e la collaborazione delle famiglie”, scrive il sacerdote.
Mancata accettazione
Sul telefonino la mamma conserva le foto del piccolo circondato dagli amici mentre spegne le candeline, di Antonio che ride a cavallo, di giornate felici con tutta la famiglia. “Mio figlio è per noi fonte di arricchimento continuo, con la sua allegria. Non voglio accusare nessuno – ha spiegato – ma chiedo soltanto che su questi temi si faccia informazione, che ci sia più consapevolezza e meno finta accettazione”.