Agricoltura per uscire dalla crisi, per riprendersi l’Italia. Proteste in tutta Italia, popolo allo sbaraglio
Se una nazione non riesce a difendere la sua agricoltura perderà la sua sovranità alimentare e quindi il futuro. Manifestazioni agricole di protesta in Italia e nel Mondo in merito allo stato di profonda crisi in cui versa il settore. Le famiglie agricole soprattutto molisane e più in generale meridionali soffrono di questa crisi. L’identità dei nostri prodotti da ritrovare e da valorizzare.
Grande manifestazione agricola in Puglia davanti alla Prefettura di Bari, altre a Roma e nel resto d’Italia, per porre l’attenzione allo stato di profonda crisi in cui versa il settore. Non ci sono strategie per il futuro. La lotta agricola, pacifica, civile e democratica, serve per difendere quel mondo, soprattutto per i giovani insediati, ad avere il sacrosanto diritto al futuro e alla dignità. Lavoratori con redditi idonei e la possibilità di poter vivere con nuove regole di mercato paritetiche. Una crisi che doveva essere passeggera è, invece, diventata cronica. Si avverte la stanchezza di questa battaglia impari combattuta ed esasperati per la mancanza di risposte alle domande poste. Le famiglie agricole a causa dei mancati redditi, non regnano più pace e tranquillità.
L’anno appena trascorso per l’agricoltura molisana è stato un anno da dimenticare a causa del clima anomalo tropicalizzato che ha ridotto di molto le varie produzioni; le speculazioni sui prezzi all’origine riferiti a grano duro, ceci, lino, ortaggi, pomodoro da industria, frutta, etc, che l’hanno fatto da padrone; il divario di sempre tra i costi sostenuti per produrre le nostre derrate ed i prezzi dei prodotti importati. Le nostre aziende agricole, le nostre terre non possono più essere “consegnate” alle banche, alle multinazionali, agli speculatori. È la maniera soft, ottimale, del pensiero neoliberista, della globalizzazione. Una strada che, in realtà, sta portando letteralmente alla fame. Allargando il principio, il neoliberismo può essere inteso come uno stato patologico della società con una crescita continua delle disuguaglianze tra ricchi e poveri. Gli innumerevoli errori commessi, le gravi responsabilità delle politiche, sia regionale che nazionale, non possono più essere tollerate e tanto meno ci si può ancora inchinare all’Unione Europea. Pare che Italia, e in Molise ancor di più, non si percepisca la gravità della situazione. Una cosa è certa e verificabile: quando si chiudono Partite Iva di tante aziende agricole regionali, si vedono cancellazioni INPS dopo 25 – 30 anni di pagamenti effettuati, o scopriamo che tanti agricoltori sono in grande sofferenza con i pagamenti delle contribuzioni previdenziali, non si può non tenerne conto della grave situazione in cui versa il comparto. Bisogna comprendere che, proseguendo su questa strada non resta altro che soccombere. Tanti sacrifici compiuti, da generazioni, gettati alle ortiche. Si sa, ma si preferisce tacere sul fatto che i macroindicatori economici (prezzi e redditi) ci dicono che l’agricoltura nazionale, e ancor più quella meridionale, “naviga” in un mare burrascoso, e i “soloni”, “sparando” profezie che mai si potranno concretizzare. L’unica cosa che resta da fare a livello regionale a questo punto è quella di far quadrato. Arrivare a fare una pianificazione coesa per uno sviluppo di stretta intesa con l’agroalimentare ed il settore turistico; unirci ed impegnarci, tutti, ad operare insieme affinché il vero Made in funzioni, ma in concreto e non come “Piacere Molise”. Fare in modo che al coltivatore non diano poco più che le briciole (di guadagno), ma un prezzo giusto che possa ristorarlo. L’Italia sta diventando sempre più una nazione che consuma prodotti alimentari senza il lavoro dei suoi contadini. Questi ultimi diminuiscono di numero proprio a causa dei prezzi globalizzati, di sottocosto, delle loro derrate, visto che l’agroindustria pretende i prodotti, oggi tanto in voga: buoni, belli, salubri e pure nutraceutici, ma a prezzi da Terzo Mondo.
LA FALSA IDEA DEL PRODOTTO ITALIANO E LE GRANDI DISTRIBUZIONI ORGANIZZATE
Ci stanno imponendo, pasta senza il nostro grano, succhi di frutta senza le nostre arance, “Usano” il Made in Italy per etichettare prodotti, con minima parte di prodotto nazionale. Si sta facendo passare il concetto che i meravigliosi prodotti della nostra tradizione alimentare siano merito dei grandi trasformatori, ignorando completamente gli agricoltori che col sacrificio giornaliero danno vita, danno corpo, alle nostre inimitabili delizie. Bisogna rendersi conto che il cibo che arriva sulle tavole degli italiani è prodotto da altri e tanti “poveri cristi”, contadini o braccianti che siano, da altri territori sfruttati dal neoliberismo globalizzato. La globalizzazione è una delle procedure più subdole che ha permesso ai potenti di sfruttare i deboli in ogni parte del mondo. Ancora non si comprende che questo viaggio fattoci intraprendere col processo di globalizzazione è stato un viaggio con molti più naufraghi che naviganti? Ed è così che sulle nostre tavole, grazie alla GDO (grande distribuzione organizzata) principale canale di vendita che tende sempre a pagare di meno, il prodotto nazionale autoctono sta diventando una chimera; ci sono sempre meno derrate di produzione italiana, (fagioli dall’Argentina, ceci dal Messico, lenticchie dal Canada, dagli USA, nocciole dalla Turchia, grano duro dagli USA, dal Canada, olio di oliva dal Marocco, ecc.). Logica conseguenza è il fallimento delle nostre aziende agricole. Gli innumerevoli sacrifici con il crollo dei prezzi ed il continuo aumento dei costi di produzione ci hanno portati in braccio alle banche, che hanno avuto il compito di selezionare chi dovrà sopravvivere e chi dovrà morire. Qual è il motivo? Inutile girarci intorno: mancanza di programmazione territoriale dovuta alla inoperatività politica, la quale continua ancora ad esercitare un effetto calmierante sull’inflazione, che tuttavia non riesce a trasferirsi al consumatore finale. Vergognosamente i raccolti sono considerati come merci e non più come risorse utili all’umanità per alimentarla. Se una nazione non riesce a difendere la sua agricoltura perderà la sua sovranità alimentare e quindi il suo futuro non potrà che essere fosco. Saremo sempre più invasi da cibo industriale senza qualità alcuna e mangeremo prodotti che neanche lontanamente si potrebbero paragonare ai nostri; globalizzati nel sapore, poco nutrienti e per nulla salutari. Diventeremo una società malata. Sta ad ognuno, con il proprio grado di responsabilità adoperarsi, impegnarsi, affinché ciò non avvenga, per noi, ma soprattutto per le generazioni future. È nostro dovere tutelarle.
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