La denuncia di Acliterra in riferimento alla riforma ipotizzata dall’Unione europea
in una lettera al ministro delle politiche agricole, Luca Zaia.
500 mila imprese agricole italiane a conduzione familiare potrebbero venire tagliate fuori dalla rete agricola comunitaria se l’Italia dovesse aderire all’ipotesi di riforma della Politica agricola comunitaria (PAC) avanzata dalla Commissione europea dell’Health Check. La denuncia arriva da Acliterra, l’organizzazione professionale agricola delle Acli, che precisa come le stesse imprese perderebbero il contributo annuo di 250 euro.
Il Presidente nazionale di Acliterra, Michele Tannini, ha dunque indirizzato una lettera al l ministro delle Politiche agricole e forestali Luca Zaia, e ai presidenti delle Commisioni agricoltura della Camera e del Senato, Paolo Russo e Paolo Scarpa Bonazza Buora, invitando il Governo e il Parlamento italiano ad agire di conseguenza in sede europea per difendere e valorizzare la peculiarità del comparto agroalimentare italiano.
La riforma attualmente ipotizzata della Pac, infatti, non tiene sufficientemente in conto – secondo Acliterra – le specificità territoriali e locali della nostra agricoltura, che compete con le altre per la ricchezza delle sue biodiversità, per la tipicità e la qualità delle sue produzioni. In particolare, la previsione di una soglia minima di aiuti di 250 euro – o di un ettaro di terra lavorato – per l’accesso al regime di pagamento unico per le imprese agricole, avrebbe conseguenze molto gravi per i produttori italiani più piccoli. Moltissime imprese a conduzione familiare – denuncia Acliterra – perderebbero l’aiuto comunitario, «che serve anche a riconoscere il ruolo formidabile di difesa del territorio che esse assicurano da forme, le più disparate, di marginalizzazione, particolarmente in aree svantaggiate, dove la presenza attiva di una famiglia contadina è una risorsa insostituibile, quasi un presidio di territorio, ma anche di cultura, di tradizioni e di legami comunitari».
«L’agricoltura – scrive nella lettera il presidente di Acliterra Michele Zannini – è, più di una occasione economica, una reale possibilità di promozione sociale degli addetti e del contesto di riferimento. Qualsiasi decisione di politica comunitaria tendesse a sottovalutare il valore insostituibile della presenza di lavoratori agricoli nelle zone di collina, di montagna, e comunque in territori marginali, arrecherebbe un danno incalcolabile alla tutela dei territori sul piano ambientale innanzitutto, ma anche sulla loro capacità di continuare a promuovere biodiversità insostituibili.
Acliterra chiede di conseguenza al Governo e al Parlamento l’impegno per il mantenimento del regime attuale di pagamento unico, anche per gli agricoltori più piccoli, come doveroso «riconoscimento pubblico delle azioni che svolgono le piccole imprese familiari in aree residuali».
Segue il testo della missiva
Al Ministro del MIPAAF
Onorevole Luca Zaia
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali
Via XX Settembre 20
00187 Roma
Al Presidente Commissione Agricoltura della Camera
Onorevole Paolo Russo
Camera dei Deputati
Palazzo Montecitorio
00186 Roma
Al Presidente Commissione Agricoltura del Senato
Onorevole Paolo Scarpa Bonazza Buora
Senato della Repubblica
Piazza Madama 1
00186 Roma
Acli Terra sostiene la necessità di una riconsiderazione politica e culturale del ruolo dell’agricoltura italiana e, principalmente, delle imprese agricole a conduzione familiare..
Il comparto può consolidare e qualificare ulteriormente il contributo formidabile che assicura allo sviluppo dell’economia e della società in una fase di sostanziale stagnazione del sistema produttivo.
Certamente concorre, in maniera primaria, alla difesa ed alla valorizzazione delle risorse territoriali ed ambientali.
La riforma attualmente ipotizzata della PAC non sembra tener conto in maniera adeguata delle specificità territoriali e locali della nostra agricoltura; essa compete con le altre agricolture per la ricchezza delle sue biodiversità, per la tipicità e la qualità delle sue produzioni.
La PAC, della quale recentemente è stato analizzato lo stato di salute, ha inciso sicuramente, perfino sul piano culturale, sul mondo agricolo nella sua complessa strutturazione.
Passare dagli aiuti alla produzione all’aiuto al reddito ha comportato una svolta anche faticosa, un approccio diverso, radicalmente innovativo.
Infatti, alcune scelte qualificanti, come quella del disaccoppiamento, dello sviluppo rurale, della condizionalità, hanno chiesto agli imprenditori agricoli un reale sforzo di cambiamento ed hanno indirizzato le imprese a tener conto di una dinamica di libero mercato.
Tuttavia molti segnali fanno pensare che la PAC risponda principalmente all’obiettivo della sostenibilità, piuttosto che a quello della competitività.
Questioni come quella dell’accesso al credito, o della gestione dei rischi di mercato, o della regolazione dei mercati e dell’organizzazione dell’offerta, come dell’innovazione e del capitale umano, debbono essere tutte riconsiderate nella PAC del futuro e, nondimeno, nelle politiche nazionali.
Se assumiamo
le principali misure definite dal recente Health check, che, nel complesso, non prevedono una riforma radicale, ma solo un insieme di aggiustamenti della PAC, come l’abolizione del set-aside, l’aumento annuo delle quote latte lineare per tutti gli Stati membri, l’incremento del disaccoppiamento, l’abolizione dell’intervento per grano duro, riso e carne suina, la previsione di una soglia minima agli aiuti di 250 € o di un ettaro, si comprende che la PAC vuole ulteriormente stimolare il confronto delle imprese con il mercato senza mediazione.
Farebbe bene però a pensare anche a qualcosa di nuovo, come adeguare i suoi obiettivi di sostenibilità e di difesa del modello europeo di agricoltura a quelli della competitività, della crescita economica e dell’occupazione, dell’allargamento dei negoziati commerciali e di una maggiore cooperazione.
Nondimeno la PAC riformata dovrebbe affrontare in maniera più esplicita e determinata questioni come quelle della crisi alimentare mondiale, dei cambiamenti climatici in atto e delle speculazioni sui mercati delle materie prime.
Con riferimento a tale contesto, sommariamente descritto, preme principalmente ad Acli Terra rappresentare una preoccupazione specifica ed urgente.
Se l’Europa dovesse fissare definitivamente, come previsto dalla Commissione dell’Health check della PAC, la soglia di 250 euro di contributo, o di un ettaro di terra lavorato, per l’accesso al regime di pagamento unico per le imprese agricole, ne verrebbero conseguenze molto gravi per i produttori italiani più piccoli.
Moltissime imprese a conduzione familiare in Italia perderebbero l’aiuto comunitario, che serve anche a riconoscere il ruolo formidabile di difesa del territorio che esse assicurano da forme, le più disparate, di marginalizzazione, particolarmente in aree svantaggiate, dove la presenza attiva di una famiglia contadina è una risorsa insostituibile, quasi un presidio di territorio, ma anche di cultura, di tradizioni e di legami comunitari.
Per Acli Terra, nella prospettiva della riforma della PAC, bisogna rimettere in campo la centralità di una politica agricola che esalti le sue potenzialità locali e territoriali e, nondimeno, aumentare gli spazi di multifunzionalità per le imprese agricole.
L’agricoltura è, più di una occasione economica, una reale possibilità di promozione sociale degli addetti e del contesto di riferimento.
Qualsiasi decisione di politica comunitaria tendesse a sottovalutare il valore insostituibile della presenza di lavoratori agricoli nelle zone di collina, di montagna, e comunque in territori marginali, arrecherebbe un danno incalcolabile alla tutela dei territori sul piano ambientale innanzitutto, ma anche sulla loro capacità di continuare a promuovere biodiversità insostituibili.
Talché, il mantenimento del regime di pagamento unico, anche per gli agricoltori più piccoli, più che garantire redditività apprezzabili, ha piuttosto un valore simbolico di riconoscimento pubblico delle azioni che svolgono le piccole imprese familiari in aree residuali.
Acli Terra confida nelle Loro disponibilità a tenere nella migliore considerazione possibile la preoccupazione rappresentata, confermando la volontà di assicurare ogni collaborazione per una politica che valorizzi la centralità e la peculiarità in Europa e nel mondo del comparto agroalimentare italiano.
È gradita l’occasione per porgere distinti saluti.
di Mina Cappussi