Pilastro del cinema italiano, Ettore Scola ha firmato capolavori come C’eravamo tanti amati’, Una giornata particolare, La terrazza, famiglia. In piazza del Verano è stata aperta la camera ardente. Il regista sarà omaggiato anche domani alle 10.30 alla Casa del Cinema
“Il cinema è un lavoro duro ma si può, ridendo e scherzando, mandare qualche messaggetto, qualche cartolina postale con le proprie osservazione sul mondo. Il cinema è come un faretto che illumina le cose della vita”. Nella sua ultima apparizione pubblica alla Festa del Cinema di Roma, Ettore Scola ha definito con queste parole la settima arte. Questa notte il mondo della cultura ha perso un altro pezzo di quella gloriosa commedia italiana che gli appassionati rimpiangono ancora, fonte d’ispirazione per molti registi contemporanei. Scola si è spento nel reparto di cardiochirurgia del Policlinico di Roma, aveva 84 anni. Da bambino si trasferì a Roma con la famiglia, mostrando passione precoce per il disegno che lo portò a intraprendere con successo la professione di illustratore nel giornale satirico italiano Mac’Aurelio dove ebbe la fortuna di conoscere un maestro, il giovane diciottenne Federico Fellini, che lavorava come disegnatore satirico, ideatore di numerose rubriche, vignette, e delle celebri «Storielle di Federico». A partire dagli anni Quaranta Scola collaborò a trasmissioni e varietà per la radio e la neonata televisione, ma già a metà degli anni Cinquanta lavorò come sceneggiatore collaborando con Age -Agenore Incrocci- e Filiberto Scarpelli per i film : Un americano a Roma (1954), La grande Guerra (1959) e Crimen (1960). Poco dopo avvenne il grande passaggio dietro la macchina da presa. L’esordio alla regia arriva nel 1964 con il film “Se permette parliamo di donne” scritto con l’amico Ruggero Maccari e interpretato da Vittorio Gassman, che insieme a Marcello Mastroianni e Nino Manfredi sarà uno degli attori preferiti da Scola. Con la commedia “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?” Scola conquista il primo successo popolare che darà vita a quel fortunato sodalizio con Alberto Sordi,che sarebbe poi durato con la realizzazione di altri tre film: “La più bella serata della mia vita” (1972), alcuni episodi del film collettivo “I nuovi mostri” (1977) e “Romanzo di un giovane povero “(1995).
Nel 1974 uscì nelle sale “C’eravamo tanto amati” definito il suo capolavo, benché al regista non piaceva il termine: « Non scomoderei la parola capolavoro. A furia di usarla troppo spesso, si omologa un po’ tutto». La pellicola racconta trent’anni di storia italiana, dal 1945 al 1975, attraverso le vicende di tre amici interpretati da Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Stefano Satta Flores, tre uomini che hanno in comune l’amore per la stessa donna: Luciana, interpretata da una giovane e bellissima Stefania Sandrelli. Il film consacrò definitivamente la su fama internazionale con premi al Festival di Mosca, il César francese e tre Nastri d’argento. Nel 1976 Scola firmò Brutti, sporchi e cattivi con cui vinse il premio per la regia a Cannes, che traduce in una chiave personalissima la visione delle periferie di Pasolini, che avrebbe dovuto filmare una prefazione ma fu assassinato durante la lavorazione del film. Scola collezionò un successo dopo l’altro, l’anno successivo girò infatti “Una giornata particolare” con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, ambientato nella Roma fascista in festa per l’arrivo del Fuhrer in visita al duce. Il film riporta le poche ore di vita di un radiocronista omosessuale e della sua vicina di casa, una casalinga, madre di sei figli e moglie di un usciere, un fascista autoritario e prepotente. Pur muovendosi soltanto tra due appartamenti, una rampa di scale e una terrazza, il regista riesce a svelare la complessità di un mondo intero, fatto di rinunce e infelicità. I punti di vista di Antonietta e Gabriele sembrano in un primo momento inconciliabili, ma finiscono con l’avvicinarsi alla fine della giornata. I due condividono la condizione si solitudine di due individui, vittime di un regime mussoliniano che in maniera latente rivela la sua atrocità. Il film valse al regista una delle sue quattro candidature all’Oscar come migliore pellicola straniera e vinse il Golden Globe. Nel 1980 suggellò la sua fama la sua fama con l’iconico film “La terrazza”, che racconta frammenti di vita di un gruppo di intellettuali di una sinistra in crisi di identità. “La terrazza – disse Ettore Scola – è il luogo dove, nelle sere d’estate, gli intelligenti romani cenano in piedi. Sono intellettuali, sono borghesi, sono preoccupati: perché sono in età pensionabile, perché il loro prestigio è in declino, per calo d’ispirazione creativa o per mancanza di progetti culturali, per delusione da rivoluzioni mancate o per rimorsi da complicita’ prestate a misfatti culturali.” La terrazza è un affresco amaro e disincantato sulla vita sociale di cinque personaggi della Roma salottiera. La terrazza è universalmente considerato il film che conclude l’esperienza della commedia all’italiana, che prende il via da I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli.
Emblema degli anni ’80 è il film La famiglia, commedia girata nel 1987 con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli e Fanny Ardant. Accolto con entusiasmo sia dalla critica che dal pubblico, il film ottenne sei David di Donatello, sei Nastri d’Argento e una nomination all’Oscar come miglior film straniero. Il resto degli anni Ottanta furono segnati ancora dalla collaborazione con Marcello Mastroianni e da una certa vena di nostalgia: sia Splendor, dedicato ad una sala cinematografica che sta chiudendo, sia Che ora è?, sulla incomunicabilità tra un padre (Mastroianni) e un figlio, (Massimo Troisi). Negli anni 90 Scola scelse di ridurre la produzione cinematografica e scelse di chiudere la sua filmografia con La cena, ancora con Vittorio Gassman, Fanny Ardant e Giancarlo Giannini, ambientato in un’unica sera in una trattoria romana dove si riuniscono una quarantina di personaggi della borghesia italiana. Tra gli ultimi “Concorrenza Sleale” con Diego Abatantuono e Sergio Castellitto nei ruoli di due negozianti in lotta commerciale nell’Italia sconvolta dalle leggi razziali. Negli ultimi anni della sua attività Scola si dedica a due documentari: Gente di Roma e Che strano chiamarsi Federico, un ritratto del suo grande amico conosciuto da giovanissimo nella redazione del Marc’Aurelio. Ettore Scola era sposato con la sceneggiatrice e regista Gigliola Scola, sua compagna di vita dai tempi del liceo. Insieme alle sue due figlie Paola e Silvia aveva presentato a novembre alla Festa di Roma il documentario che raccontava la sua vita e la sua carriera, Ridendo e scherzando.
Di Marta Ucciferri
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