Il vuoto quando un poeta muore. Ricordo (anche personale) di Maria Luisa Spaziani, più volte candidata al Premio Nobel per la Letteratura
(UNMONDODITALIANI – UMDI)Se n’è andata altrove la grande poetessa italiana Maria Luisa Spaziani, inghiottita dal buco nero che non risparmia nemmeno chi regala emozioni. Forse, nel balzo per il chissà, ha avuto come palliativo qualche verso dell’indimenticato Eugenio Montale. Magari sussurrato da lui stesso, al capezzale o dallo spirare della particolare amica d’un tempo.
A Roma, il 30 giugno scorso, l’autrice, traduttrice ed aforista, nata a Torino il 7 dicembre 1922, ha detto “sì” all’infinito, lasciando un patrimonio intellettuale che l’ha candidata per ben tre volte al Premio Nobel per la Letteratura (negli anni 1990, 1992 e 1997).
Ebbi il piacere di stringerle la mano il 9 dicembre 2008, nel corso del XXII Premio Laurentum per la poesia, a Roma. Mi fu assegnato il terzo posto nella sezione “Poesia in vernacolo” per la mia opera in dialetto veronese (con traduzione in italiano) “L’emigrar de ‘na olta” (“L’emigrare d’una volta”).
Considerato tra i primi dieci premi letterari più prestigiosi in ambito nazionale ed il primo in assoluto per numero di partecipanti, il Premio Laurentum per la poesia di quell’anno registrò ben 13.836 presenze (tra iscritti, votanti ed intervenuti) nelle diverse sezioni indette, più di 2.000 autori iscritti per un totale di 3.401 elaborati in gara .
L’essermi aggiudicato la terza posizione costituì, per me, un’innegabile sorpresa, considerati lo spessore numerico dei rivali e la caratura della giuria (presieduta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo Berlusconi in carica, Gianni Letta e composta anche da nomi illustri della poesia come Corrado Calabrò, Rino Salvatore Cerminara e, appunto, Maria Luisa Spaziani, dallo scrittore e sceneggiatore Raffaele La Capria, dall’attrice e regista Simona Izzo e dal cantautore Daniele Silvestri).
Svoltasi nella suggestiva cornice del Teatro “Valle”, il più antico teatro capitolino, la premiazione fu presentata con verve da Pino Insegno (che si burlò un po’ di me al momento della mia chiamata perché aveva frainteso che non volessi leggere in pubblico il mio lavoro) e, nella parte iniziale, da Paola Saluzzi. Alcune poesie furono recitate da Paola Gassman e da Simona e Giuppy Izzo. Il Premio speciale “I valori della cultura 2008” venne attribuito al cantautore Antonello Venditti.
Sceso dal palco, salutai alcuni membri della giuria seduti in prima fila (Corrado Calabrò, Gianni Letta e lei, Maria Luisa Spaziani, dietro cui stava il cantante Antonello Venditti). Le ricordai d’averla già incontrata, senza presentarci, in occasione d’una precedente premiazione letteraria organizzata sempre a Roma dall’Accademia “Francesco Petrarca” di Capranica (Viterbo), presieduta dalla poetessa e scrittrice Pasqualina Genovese d’Orazio, durante la quale m’avevano attribuito un riconoscimento per una mia poesia, “Il pendolo dell’amor” (letta con Spaziani annuente), ispirata al classico pendolo di Foucault (denominato così in omaggio al fisico francese Jean Bernard Léon Foucault, Parigi, 18 settembre 1819 – Parigi, 11 febbraio 1868). Lei si ricordò genericamente dell’evento, disse qualcosa che purtroppo non rammento e s’allargò in un cordiale sorriso mentre ci stringevamo le mani. Tutto questo mentre un fotografo riprendeva tutto.
Spaziani nacque e crebbe in una famiglia della borghesia torinese, con il padre proprietario d’una ditta per la produzione di macchinari destinati ad industrie chimiche e dolciarie. Già a 19 anni assunse il ruolo di direttrice d’una modesta rivista, intitolata “Il Girasole” prima e “Il Dado” poi, dove operò come redattore capo Guido Hess Seborga (Torino, 10 ottobre 1909 – Torino, 13 febbraio 1990), giornalista, poeta, pittore e letterato. E’ questi che introdusse Maria Luisa negli ambienti culturali che contavano. La pubblicazione riuscì ad accaparrarsi inediti di autori prestigiosi del panorama anche internazionale, come Umberto Saba, Sandro Penna, Leonardo Sinisgalli, Vasco Pratolini, Virginia Woolf.
Oltre a quest’impegno, la giovane frequentò la Facoltà di Lingue dell’Università di Torino presso cui si laureò con una tesi su Marcel Proust ed avendo per relatore il francesista Ferdinando Neri. Il “pianeta letterario” d’Oltralpe l’attirò quasi prepotentemente nella sua orbita, motivandola a varie permanenze a Parigi già dal 1953, in seguito ad una borsa di studio.
Forse il più “fatale” degli incontri della sua vita fu nel gennaio del 1949, quando fece conoscenza con Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981, poeta, giornalista, critico musicale e scrittore, Premio Nobel per la Letteratura nel 1975), nel corso d’una conferenza tenuta dal letterato al Teatro “Carignano” di Torino. Anche se Montale già conviveva dal 1939 con Drusilla Tanzi, da lui soprannominata “Mosca” (che sposò con rito religioso il 23 luglio 1962, con rito civile il 30 aprile 1963 e che morì il 20 ottobre dello stesso anno), sbocciò tra i due una costante frequenza a Milano ed un “gemellaggio” artistico-intellettuale basato sull’amicizia e sull’affetto (rapporto definito con… licenza dal senno di poi, “passione stringente”), peraltro testimoniata da ben 360 lettere dell’autore (scritte tra il 1949 ed il 1964) ora conservate nel Fondo Manoscritti di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia, allestito da Maria Corti.
Maria Luisa avviò il suo “primo periodo” produttivo, raggruppando liriche spedite all’editore “Mondadori”. Il viaggio a Parigi del 1953 stimolò ulteriori brani andati ad integrare la precedente raccolta, recepita favorevolmente dall’editore che la pubblicò nel 1954 con il titolo “Le acque del sabato”.
Al ritorno dagli Stati Uniti, dove s’era recata usufruendo di un’ulteriore esperienza-premio a favore di giovani promettenti sostenuta dal politico statunitense Henry Kissinger, si mise ad insegnare lingua francese in un collegio di Torino, anche in conseguenza del collasso dell’attività del padre, nel 1956. L’approccio con gli studenti le procurò un sereno stato d’animo che contraddistinse alcuni suoi scritti più significativi del repertorio poetico “Luna lombarda” (del 1959) che trovò inserimento nell’opera “Utilità della memoria” (del 1966).
Nel 1955 e nel 1957 proseguì il suo “culto” della lingua e della letteratura francese, insegnandole in un collegio a Treviglio (Bergamo). La sua poesia “Suite per A.” fu connessa a quell’esperienza e le valse nel 1958 il Premio “Lerici”. In questo stesso anno, con ben due lustri di fidanzamento alle spalle, sposò Elémire Zolla (Torino, 9 luglio 1926 – Montepulciano, 29 maggio 2002), scrittore, filosofo e storico delle religioni, appassionato di dottrine esoteriche nonché studioso di mistica occidentale e orientale. Ma il matrimonio, privo degli impeti dell’inizio rapporto, naufragò in breve e nel 1960 si sciolse.
Alla poetessa venne offerto un posto come insegnante di lingua e letteratura tedesca all’Università di Messina e lei l’accettò fino alla disponibilità, nella stessa sede, dell’incarico di lingua e letteratura francese, professionalmente ed intimamente congeniali. Curò opere quali “Pierre de Ronsard fra gli astri della Plèiade” (del 1972) e “Il teatro francese del Settecento” (del 1974). Tradusse febbrilmente dall’amato francese lavori di Pierre de Ronsard, Jean Racine, Gustave Flaubert, Paul-Jean Toulet, André Gide, Marguerite Yourcenar, Marceline Desbordes Valmore, Francis Jammes. Nomi di prestigio della letteratura transalpina che s’aggiungono a letterati di valore altrettanto internazionale conosciuti personalmente nelle sue “trasferte” in Francia e negli Stati Uniti (Ezra Pound, Thomas Eliot, Jean-Paul Sartre).
La Sicilia vista attraverso gli “occhi” non solo della sua cattedra universitaria finì nel libro di poesie “L’occhio del ciclone” (del 1970) mentre “raccolte personali” possono essere considerate “Transito con catene” (del 1977) e “Geometria del disordine” (del 1981). Uscirono tre antologie dell’opera di Maria Luisa Spaziani, in continuo arricchimento: nel 1979, nel 2000 e nel 2011. E, dopo averlo fondato nel 1978, dal 1982 diresse il Centro Internazionale “Eugenio Montale” (adesso Universitas Montaliana di Poesia) ed il Premio “Montale”.
Nel 1990, quando risultò candidata al Premio Nobel una prima volta, concluse “Giovanna d’Arco”, poema in ottave di endecasillabi senza rima che fruttò una trasposizione in teatro (“Jeannette”, nel 2002), con la regia di Fabrizio Crisafulli.
Oltre ad annoverare una lunga serie di articoli per quotidiani e riviste ed a saggi critici, un parziale elenco delle opere principali di Spaziani conta 19 libri di poesia, 3 di narrativa, 7 di saggistica, 3 di teatro e 17 di traduzioni. Un notevole bagaglio letterario che s’è comunque portata appresso per far bella figura con chi sa lei, nel suo ultimo viaggio verso l’estrema pace, rima della ben familiare condizione di cullante poesia mai fugace…
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