IL COMITATO PROMOTORE DEL REFERENDUM CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA INVITA TUTTI I CITTADINI AD UNA FORTE PRESA DI POSIZIONE SULLA GESTIONE DELLA RISORSA IDRICA. L’ACQUA E’ UN BENE VITALE CHE DEVE ESSERE ACCESSIBILE A TUTTI, ANCHE ALLE FASCE SOCIALI PIÙ DEBOLI
“Adesso basta, sull’acqua decidiamo noi”. Con questo slogan il Comitato promotore del referendum contro la privatizzazione dell’acqua invita tutti i cittadini italiani ad una forte presa di posizione sulla gestione della risorsa idrica. Non è proprio un ritorno alla democrazia diretta, quella della pòlis greca per intenderci ma è pur sempre un distacco dagli organi rappresentativi, che forse poi così rappresentativi non sono. Soprattutto se decidono che l’acqua, ossia quella sostanza incolore, inodore ed insapore senza la quale non sarebbe possibile la vita sulla terra, è merce da vendere in un mero regime di profitti di mercato. Questo concetto, sdoganato come una modernizzazione del sistema di gestione della risorsa idrica, è tuttavia difficile da fare assimilare a tanti cittadini che pensano che l’acqua sia un bene vitale che deve essere accessibile a tutti, anche alle fasce sociali più deboli, anzi ad esse in particolar modo. E quale miglior mezzo per la dire la propria se non l’istituto di democrazia diretta per eccellenza, ossia il referendum, sempre più spesso ultimo baluardo ed estremo rimedio alle leggi pastrocchio degli organi rappresentativi? Evidentemente ci si è stancati di sperimentare passivamente sulla propria pelle le conseguenze delle decisioni degli organi delegati a gestire la cosa pubblica, decisioni spesse volte poco rispettose degli interessi della collettività, e la parola di conseguenza passa ai cittadini. Ben tre i quesiti della campagna referendaria diretti a raggiungere i seguenti obiettivi: 1) fermare la privatizzazione dell’acqua, 2) aprire la strada della ripubblicizzazione del servizio idrico, 3) eliminare i profitti dal bene comune acqua. Il primo quesito è volto a contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta dal Governo che prevede che le società a totale capitale pubblico dovranno cessare entro il dicembre 2011 e potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste con capitale privato al 40%. Il secondo quesito è relativo alla scelta della forma di gestione e alle procedure di affidamento del servizio idrico integrato, segnatamente la gara o la gestione attraverso S.p.a. a capitale misto, ed è volto a favorire la ripubblicizzazione del servizio idrico ovvero la sua gestione attraverso enti di diritto pubblico. Il terzo quesito è quello che preoccupa ed appassiona maggiormente in quanto relativo alla questione dei profitti, motivo fondamentale dell’ingresso dei privati nella gestione dei servizi idrici. La norma prevede che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, consentendo al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa caricando sulla bolletta un 7% a remunerazione del capitale investito. La cosa che sorprende è che la remunerazione del capitale è svincolata da qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio. Quanto amaro deve essere questo calice per i tanti nostalgici del Welfare State, cioè di quello Stato che assicurava una serie di servizi ai cittadini con gestioni a prezzi politici, ossia a prezzi inferiori ai costi in quanto servizi ritenuti essenziali per la collettività, possiamo ben immaginarlo. E poi molti obiettano: se lo stato non è altro che la somma dei cittadini che lo compongono, ossia se lo stato non siamo altro che noi, perché fuggire da una gestione statale del servizio idrico, magari a prezzi politici? Non che la gestione pubblica sia necessariamente sinonimo di efficienza e di funzionalità, ma quantomeno si disinnesca la subdola mina del profitto ad ogni costo, profitto poi su di un bene essenziale per la vita. D’altronde in America latina l’ondata di privatizzazione partita negli anni novanta ha dimostrato inequivocabilmente il fallimento della politica del profitto nella gestione della risorsa idrica. Ed è proprio nell’ambito della commemorazione del 10° anniversario della Guerra dell’acqua a Cochabamba che il popolo colombiano ha fatto giungere il proprio prezioso sostegno al Forum Italiano dei movimenti per l’acqua, al Comitato promotore per l’organizzazione del referendum contro la privatizzazione dell’acqua ed a tutti i cittadini italiani. Bene quindi, se gli organi rappresentativi non riescono a rappresentare le esigenze della collettività che la parola passi ai cittadini, ai quali peraltro, stando al disposto del secondo comma dell’articolo 1 della nostra Costituzione, dovrebbe, non a caso, appartenere la sovranità.
Di Alessio Papa