Il Ministro alla cultura francese Aurélie Filippetti ha ricevuto alcuni giorni fa la cittadinanza onoraria dalla città di Gualdo Tadino. Dopo la cerimonia il ministro ha fatto visita al Museo dell’Emigrazione Pietro Conti sottolineando come “realtà come queste, contribuiscano a difendere la memoria dei tanti emigranti italiani che con sacrificio hanno lavorato duramente, spesso anche a sprezzo della propria vita, per il diritto al lavoro e alla libertà”
L’emigrazione italiana in Francia è uno dei processi migratori più antichi e più importanti. Da sempre questa nazione amica è stata considerata dagli italiani uno dei principali rifugi, dopo gli Stati Uniti, per potersi sottrarre alla miseria dilagante di casa nostra al fine di costruire una vita migliore sotto ogni punto di vista. Nell’immediato dopoguerra ci fu un’ondata migratoria proveniente dal Nordest dell’Italia e soprattutto dalle regioni meridionali, come risposta al nuovo sviluppo economico, alla denatalità francese e alla guerra d’Algeria che avevano notevolmente ridotto la forza lavoro francese. Gli anni ’70 invece, hanno concluso i movimenti migratori dei nostri connazionali verso la .Francia, ma ancora oggi questa nazione comprende al suo interno una massiccia presenza di italiani. In memoria degli emigranti del passato sono stati istituiti diversi musei in giro per il mondo, molti di questi si trovano proprio in Italia, nazione in cui il fenomeno dell’emigrazione si sviluppò in maniera consistente e uno di questi è il Museo dell’Emigrazione Pietro Conti di Gualdo Tadino. Alcuni giorni fa il Museo è stato visitato da un ospite d’onore, ossia il Ministro alla cultura francese Aurélie Filippetti, la quale, dopo la cerimonia in cui le veniva assegnata la cittadinanza onoraria, ha concluso la sua visita ufficiale al Museo dell’Emigrazione Pietro Conti. “Sono stati momenti davvero emozionanti”, spiega il Direttore Catia Monacelli, “soprattutto per il particolare legame della Ministro con le vicende emigratorie”. La storia di Aurélie, prima che ricoprisse l’attuale carica, è diventata nota con il suo primo romanzo “Gli ultimi giorni della classe operaia”, commosso omaggio di una figlia al padre morto prematuramente per una malattia professionale contratta in miniera, che assolve senza sentimentalismi il dovere della memoria. Durante la visita al museo Aurélie Filippetti ha voluto ricordare come “realtà come queste, contribuiscano a difendere la memoria dei tanti emigranti italiani che con sacrificio, impegno e dedizione hanno lavorato duramente, a sprezzo anche della propria vita, per il diritto al lavoro e alla libertà”.
di Serena Lastoria
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