Il 18 marzo di 706 anni fa Jacques de Molay moriva bruciato vivo per mano del Papa Clemente V e del re di Francia Filippo il Bello. Condannato per fatti mai commessi dall’Ordine di cui era a capo, si è portato dietro tutti i misteri che permeano il più controverso e affascinante ordine religioso cavalleresco mai nato. L’assoluzione ricevuta in seguito non giustifica e non pone rimedio alla fine e alla sofferenza delle calunnie che gli hanno causato
Jacques de Molay, Gran Maestro dell’Ordine dei Templari, condannato al rogo 706 anni fa. Era il 18 marzo del 1314 quando, su ordine di Filippo il Bello, l’allora re di Francia, e di Papa Clemente V, de Molay fu condannato al rogo, innalzato sull’Ile aux Juifs (detta Isola dei Giudei, è un’isoletta sulla Senna di fronte alla cattedrale di Notre Dame). Di nobili origini, poco o nulla si conosce sulla sua infanzia. Nacque tra il 1240 e il 1250 dal nobile Jean de Longwy e dalla figlia del re di Rahon, si presume nella città di Molay, presso Besancon. Entrò nell’Ordine dei Templari nel 1265 a Beaune ma, solo a partire dal 1270 sono presenti più notizie del suo percorso all’interno dell’Ordine, comparendo spesso negli annali; lo si ritrova ad Outremer, nome con cui era stata battezzata la Terra Santa. Nel 1285 fu nominato conte di San Giovanni d’Acri ma, nell’anno successivo, si spostò a Cipro dove, in occasione di un Consiglio, manifestò la sua insoddisfazione nei confronti degli affari interni all’assetto stesso, dichiarando di voler attuare degli importanti cambiamenti. Divenne capo dell’Ordine dal 1294 e, alcuni anni dopo, raggiunse un’influenza tale da esserne nominato Gran Maestro, entrando di fatto nella storia. Con la sua morte finiva, almeno ufficialmente, il viaggio dei Templari, lasciando un importante pezzo di storia, ma anche miti e leggende misteriose che, probabilmente, tali rimarranno. Goffredo de Charney, precettore della Normandia e custode della Sacra Sindone, fu condannato al rogo con de Moley, accusato di eresia, blasfemia ed altri peccati mortali secondo la religione cristiana, accuse rivelatesi in seguito false. Da Gran Maestro dei Templari, ha portato con sé tutti i segreti dell’Ordine dal Santo Graal, alla Sacra Sindone, al tesoro dei cavalieri, la cui ubicazione resta tutt’ora un mistero. “In realtà – ha sottolineato Gian Marco Rinaldi – questo Goffredo non avrebbe mai avuto a che fare con la Sindone. Un suo omonimo o quasi omonimo, Goffredo de Charny, morto nel 1356, fondò una chiesetta a Lirey (vicino a Troyes) dove la Sindone fu esposta attorno al 1355 ed è quella la prima comparsa della Sindone nella storia. Del resto non si sa se sia stato proprio quest’altro Goffredo a collocare la Sindone nella chiesa. I sindonologi (quelli che credono che la Sindone sia autentica) hanno talvolta cercato di ipotizzare una parentela fra i due Goffredo ma non c’è alcuna prova”.
LA FINE DEI TEMPLARIL’Ordine dei Templari, pauperes commilitones Christi templique Salomonis (poveri compagni d’armi di Cristo e del tempio di Salomone), è il più noto tra gli ordini religiosi cavallereschi cristiani medievali. La sua nascita risale al 1096, anno dopo la prima crociata in Terra Santa, per difendere i pellegrini provenienti da tutta Europa, assaliti e depredati. Con l’appoggio di Bernardo di Chiaravalle, monaco cristiano, abate e teologo francese, l’ordine venne ufficializzato nel 1129, suscitando non poche perplessità nel mondo cristiano per la doppia natura dei suoi appartenenti, monaci e combattenti. Gestendo i beni dei pellegrini e le donazioni dei nobili, i Templari riuscirono a costituire il più avanzato sistema capillare bancario dell’epoca. Prestigio e potere portarono con sé l’inimicizia di due pilastri fondamentali di quel tempo, il re Filippo il Bello, che ospitava in Francia i rami principali dell’Ordine monastico, e il Papa Clemente V che si trovava a gestire una spiacevole situazione nell’ordine ecclesiastico tra le fazioni italiane e quelle francesi. Jacques de Molay si trovò costretto a dover affrontare scandali infamanti per delle accuse rivolte all’Ordine da Esquin de Floyan, capitano templare, che aveva confessato ai cancellieri del re di Francia deviazioni sessuali e spirituali, riti di iniziazione che prevedevano forme di ateismo e sodomia e pratiche oscene. Nel 1307 Clemente V aprì un’inchiesta ed emanò una bolla papale che prevedeva la distruzione dell’ordine dei Templari e l’appropriazione del famoso tesoro. L’accusa era per blasfemia ed eresia. Molti furono realmente arrestati, altri riuscirono a scappare, dando inizio a miti e leggende tuttora non verificati. Recentemente è stato scoperto che Papa Clemente V decise, in realtà, di non prendere posizione a riguardo: non voleva creare una nuova divisione con la corona francese (minacciata da Filippo il Bello) e preferì sospendere l’ordine cristiano senza condannarlo, tanto che in un documento rinvenuto negli archivi segreti vaticani (Pergamena di Chinon) si evince che il Papa intendesse assolvere il Gran Maestro e i cavalieri condannati per i peccati che, di fatto, non erano mai stati commessi.
LE PROFEZIE DI DE MOLAYMolti sostengono che Jacques de Molay sia anche un profeta; tante delle cose che aveva predetto, per lo più sembrano vere e proprie maledizioni, si sono successivamente avverate. La prima si dice sia stata lanciata durante il percorso che lo portava al rogo, che di lì a poco gli avrebbe provocato la morte. “Vi prego di lasciarmi unire le mani per un’ultima preghiera. Morirò presto e Dio sa che è ingiusto. Ma io vi dico che la grazia cadrà su coloro che ci condannano ingiustamente. Vi affido entrambi al tribunale di Dio, tu Clemente nei prossimi quaranta giorni e tu Filippo prima della fine dell’anno”. Clemente V morì 33 giorni dopo e Filippo il Bello rimase vittima in un incidente di caccia nel novembre del 1314. Un’altra previsione riguardava la durata della monarchia francese e a tal riguardo de Molay disse: “la Casa Reale Francese cadrà definitivamente entro la 13esima generazione da Filippo IV”. Luigi XVI, ultimo re di Francia, ghigliottinato in seguito alla Rivoluzione Francese, era il 13esimo discendente di Filippo IV. L’ultima profezia, stavolta non accaduta, è strettamente collegata al nostro tempo; affermava l’ultimo Gran Maestro: “il Papato terminerà entro settecento anni dalla mia morte” ma, anche dopo il 18 marzo 2014, esattamente 700 anni dopo la sua scomparsa, la Chiesa di Roma è rimasta un fondamentale punto di riferimento per fedeli, e non, di tutto il mondo.
di Mina CaPpuSsi e Pamela Cioffi