Il 14 luglio sta a simboleggiare una rivoluzione mentale, globale, prima che quella materiale che ha fatto implodere la Francia. Con un alone di sacralità. Storicamente il 14 luglio – dice Petraroia – assume un valore emblematiconell’evoluzione dei diritti umani, rappresenta la fine della divisione classista della società. Dopo 223 anni solo un miliardo di persone vive in stati democratici in cui queste tutele sono assicurate. Altri 6 miliardi di uomini, donne e bambini, sono ancora sfruttati, violati, preclusi, discriminati. Mentre gli animali non hanno voce e i precari non contano.
Non potevo lasciar correre questa data. Il 14 luglio sta a simboleggiare una rivoluzione mentale, globale, prima che quella materiale che ha fatto implodere la Francia. Sarei tentata di regalare un alone di sacralità al 14 luglio, perché sono nata proprio il 14 luglio e la data del mio genetliaco ha orientato tutta la mia vita, improntata ai valori della Giustizia (uguaglianza), della Libertà e della Fratellanza. Ho combattuto sempre importanti battaglie, personali e mediatiche, in nome della Libertà, della Giustizia, per il riconoscimento dei diritti negati, per dare voce a chi urlava nel silenzio. Una data simbolo impressa indelebilmente nella coscienza e nell’anima. Ma peccherei di modestia. Anzi, ho già peccato. Ma i lettori più affezionati me lo perdoneranno. E allora mi fa piacere pubblicare una riflessione di Michele Petraroia, consigliere regionale del Molise, per la verità sempre attento a ciò che accade nel mondo.
“Storicamente il 14 luglio – scrive Petraroia – assume un valore emblematico nell’evoluzione dei diritti umani. La rivoluzione francese del 1789, più che la dichiarazione d’indipendenza americana del 1776, con il popolo che prende la Bastiglia, rappresenta la fine della divisione classista della società e l’avvento del principio di cittadinanza in un mondo in cui ciascun uomo è considerato uguale all’altro e può vivere in libertà e fratellanza, senza discriminazioni di censo, razza, genere o religione. Dopo 223 anni solo un miliardo di persone vive in stati democratici in cui queste tutele sono assicurate almeno sulla carta. Altri 6 miliardi di uomini, donne e bambini, sono ancora sfruttati, violati, preclusi, discriminati e non considerati cittadini, ma masse di diseredati da calpestare, sottomettere o ignorare.
Caduto il muro di Berlino, a due secoli dal 1789, il capitalismo non ha avuto più necessità di temperare le sue asprezze con concessioni alle classi lavoratrici e ai ceti produttivi. La finanza ha sostituito l’industria ed il flusso di denaro sposta uomini e mezzi da una parte all’altra del pianeta senza rispettare alcuna regola. Decine di milioni di bambini costretti a lavorare in condizioni pietose, reclusi che gratuitamente operano nelle miniere, centinaia di milioni di operai sottopagati e assenza totale dei principi elementari della sicurezza sul lavoro o dei diritti sindacali. Da questo capovolgimento dell’ultimo ventennio nascono i problemi dell’Occidente e degli Stati Democratici che non riescono più a coniugare le tutele di cittadinanza con la competitività globale. Per questo ilcapitalismo delle tre false agenzie di rating statunitensi si diverte ad affamare prima i greci, poi gli spagnoli e ora stanno preparando il piatto agli italiani come dimostra l’imboscata di Moody’s sul valore dei nostri titoli alla vigilia dell’asta più importante dell’anno sul rinnovo del debito pubblico.
Il Fondo Monetario Internazionale esautora l’Europa e impone le sue condizioni in cambio di prestiti da usurai. Ignorare questo elemento significa non conoscere la massa del debito italiano e la quantità degli interessi da pagare ogni anno su un valore di 2 mila miliardi di euro. Il 10% di interessi ci costringerebbe a erogare 200 miliardi annui a chi ci presta il denaro, il 5% a soli 100 miliardi e se giungessimo alla quota dell’0,1% della Germania potremmo pagare niente. Se con i singoli e durissimi provvedimenti adottati e in itinere dal Governo Monti si parla di recuperi di poche decine di miliardi di euro annui ci rendiamo conto che per il futuro non possiamo conservare l’assetto attuale. Siamo costretti a scegliere quali riforme adottare e gestire un percorso virtuoso per tutti. In questa cornice la politica assume le sembianze della Lega Nord e si chiude a riccio in difesa dell’esistente, Prima il Nord dice Maroni, Prima il Molise dice Iorio e Prima le Imprese dirà la Confindustria. Una simile modalità d’azione è frutto di un retaggio culturale corporativo, municipalista e parassitario. Mai come ora è attuale il monito anarchico ” Nostra Patria il Mondo Intero. Nostro Motto la Libertà ! Se debbo scegliere tra i diritti ed i bisogni degli uomini, e la difesa dell’impalcatura amministrativa o delle superfetazioni della cattiva politica, opto per la tutela della scuola, il diritto alla salute, un lavoro sicuro, la legalità, l’assistenza sociale, la mobilità e le pari opportunità. E non intendo delegare ad altri il ruolo di pianificare il futuro del Molise. Ma voglio partecipare insieme ai molisani alla definizione di una progettualità futura in cui siano messi al centro dell’agire politico i bisogni degli uomini più che la conservazione di venti agenzie regionali, decine di consorzi, istituti, enti e comitati, utili a tenere in piedi cordate di potere che confondono i propri interessi con il bene comune”
Alla precisa e reale disamina del consigliere Petraroia aggiungo che se in vaste zone del mondo non sono assicurati i diritti fondamentali dei lavoratori, in Italia permangono discriminazioni importanti nei confronti di coloro che non hanno un posto fisso, le migliaia di precari cui non è consentito accendere un mutuo per una casa, non possono fare progetti per il futuro, non hanno tutele, ferie, malattia.
E aggiungo che è ancora arduo il cammino della civiltà se si consentono oggi, anche nei cosiddetti paesi civili, condizioni disumane nei confronti degli animali, esperimenti terribili, metodi di allevamento, di trasporto e di soppressione che generano immani sofferenze. Dopo 223 anni quello della Libertà, Uguaglianza e Fratellanza è ancora un obiettivo al quale dobbiamo tendere. Tutti.
di Sabina Iadarola
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