Carta docente Tribunale condanna il Ministero dell’Istruzione e del Merito a dare i 2.500 euro sottratti all’insegnante nei cinque anni di supplenze. La Carta docente è uno strumento di sostegno alla didattica annua e spetta anche ai docenti non di ruolo. Il presidente Pacifico sostiene che è importante fare ricorso e recuperare i fondi arretrati in un’unica soluzione
Carta docente Tribunale condanna il Ministero a dare i 2.500 euro sottratti negli anni di supplenza all’insegnante per svolgere la sua formazione professionale.
Carta docente Tribunale condanna a risarcire l’insegnante
Il Tribunale del lavoro di Barcellona Pozzo di Gotto ha accolto la richiesta formulata dai legali ANIEF in difesa di un insegnante che ha svolto supplenze tra il 2016 e il 2023 senza ricevere i 500 euro annuali della Carta del docente.
Le parole della Corte
“La Carta docente – come afferma la sentenza della Corte messinese – è uno strumento di sostegno alla didattica annua e spetta, pertanto, anche ai docenti non di ruolo che siano titolari di contratti per supplenze fino al termine dell’anno scolastico o delle attività didattiche, ai sensi dell’art. 4 comma 1 e 2 della legge 124/1999, in quanto anche per essi è ravvisabile la connessione temporale che il legislatore ha inteso stabilire tra lo specifico strumento di formazione costituito da detta Carta docente ed il carattere annuale della didattica”.
Fare giustizia con il ricorso ANIEF
“Dinanzi a una posizione così netta della Suprema Corte di Cassazione – afferma il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico – risulta davvero difficile che i tribunali possano trovare argomenti contrari per negare la richiesta di pagamento della card annuale da 500 euro fino a sei anni scolastici arretrati e quindi recuperare fino 3.500 euro in un’unica soluzione come è accaduto qualche giorno fa presso il Tribunale di Firenze. Ancora di più perché prima della Cassazione si erano espressi con medesimi argomenti anche il Consiglio di Stato e la Corte di Giustizia europea. Sarebbe dunque davvero un peccato non presentare ricorso gratuito con Anief per chiedere spiegazioni al giudice del lavoro e perdere l’occasione per recuperare il maltolto e fare giustizia”.
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