Bojano successo per Dante a Castello presso il maniero imperiale di Civita, che ha trasportato gli spettatori nell’inferno dantesco, del Canto III, dedicato agli ignavi. Tra rovine antiche e atmosfere magiche, la serata ha visto esibizioni di danza e musica medievale, recitazioni di versi classici e performance innovative che hanno intrecciato tradizione e sperimentazione. L’evento ha riscosso grande successo, celebrando la bellezza della cultura italiana nel mondo e del Molise.
Bojano successo per Dante a Castello – Visioni sotto le stelle, giunto alla IV edizione, che si è tenuto, lo scorso 22 agosto presso il suggestivo Castello imperiale di Civita di Bojano. Un non-evento sperimentale in notturna, che quest’anno ha visto come tema il canto III della Divina Commedia, che eternamente punisce gli ignavi, le anime di coloro che non si schierarono né dalla parte del bene né da quella del male e che ora risiedono nel Vestibolo dell’Inferno.
Bojano successo per Dante e l’Antidotum Tarantulae di due briganti misteriosi
Tra le rovine del castello imperiale e il silenzio di una tipica notte estiva, proprio nel momento che precede l’imbrunire, due briganti avvolti nei loro mantelli sono venuti fuori dal tunnel buio, dalla volta ad arco, che immette nella corte alta. Due briganti che a poco a poco hanno mostrato i loro volti. Daniele Romano e Antonio Scioli, con zampogna e ciaramella: hanno incantano gli astanti, che hanno raggiunto a piedi e con l’aiuto delle torce, la suggestiva location. Ed ecco, la corte sottesa alla luna, si è animata di vita frenetica con “Antidotum Tarantulae”, un brano composto da Athanasius Kirkher, storico tedesco vissuto nel 1600, che aveva studiato le forme di tarantella e dei casi di tarantismo nella Puglia. “Il nome “taranta”, – ha spiegato Mina Cappussi – è termine dialettale delle regioni meridionali italiane per designare la Lycosatarentula, un ragno velenoso diffuso nell’Europa meridionale e in particolare nelle campagne di Taranto, da cui prende il nome, il cui morso, secondo una credenza popolare, produce una specie di furore bacchico che eccita alla danza. Secondo i racconti antichi, infatti, chi veniva morso dalla tarantola sarebbe riuscito tramite il ballo ad espellere il veleno grazie alla sudorazione e l’energia positiva che inevitabilmente il ballo produce”.
Apres une lecture du Dante
Il giovane Dante, interpretato da Carmine Taddeo, ha aperto la scena in un’atmosfera densa di emozioni, cristallizzando nel tempo il momento magico dell’ispirazione, sottesa alla scrittura del capolavoro passato alla storia con quell’aggettivo “divina”, vezzo del Boccaccio nel “Trattatello in laude di Dante”. “Nel mezzo del cammin di nostra vita – ha cominciato il giovane Durante degli Alighieri – mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!” E Beatrice (Maria Claudia Fatica), esce dall’arco, comincia a danzare lenta in movimenti sinuosi sulle note del brano del 1846, “Apres une lecture du Dante”, del compositore, pianista, direttore d’orchestra e organista ungherese Franz Liszt.
I saluti
Mina Cappussi, Ceo Molise Noblesse e Presidente di Filitalia International Chapter Bojano, ha dato il suo personale benvenuto e quella di tutta l’organizzazione agli spettatori, giunti anche da Roma, Cassino, Firenze, Napoli, Conegliano Veneto, Venafro, Isernia e Campobasso, alla quarta edizione di Dante a Castello, Visioni sotto le stelle che celebra la Lingua italiana e il Molise. “La prima volta che suggerimmo l’idea ci guardarono come degli extraterrestri. – ha affermato la presidente del chapter Filitalia International Bojano – Tutti a dire che non si poteva fare, che nessuno sarebbe venuto fin quassù, che mancava elettricità, l’acustica non avrebbe funzionato. E invece è stato un successo, tanta gente ad ogni edizione, e soprattutto tanta gente da altre regioni, dove arriverà l’eco di una celebrazione monumentale. Era quello che volevamo come Centro Studi Agorà, Filitalia International e Ippocrates, Aitef, Anief, Casa Molise con il progetto Molise Noblesse.”
L’unico maniero imperiale del Molise
“Ci troviamo nel Castello imperiale di Civita di Bojano, il più antico e il più esteso di tutto il Molise. – continua Mina Cappussi – La storia del luogo inizia nel XI secolo d.C. quando il feudatario normanno Rodolfo de Moulins occupò la contea di Bojano, edificando il Castello e l’intera fortezza che si estendeva su tutto il territorio attuale del borgo, e svolgeva funzione di guardia sull’intera pianura sottostante. L’importanza storica di questa area sta nel fatto che proprio da Rodolfo de Moulins trae origine il nome della regione Molise. Negli anni si sono susseguiti numerose famiglie e casate, e nel 1221 il famoso Federico II di Svevia occupò la contea di Bojano. Un castello imperiale, dunque, appartenente alle fortezze demaniali dell’imperatore Federico II.
Possiamo solo immaginare la possanza del maniero che svettava dal Matese dominando tutta la vallata.
Gravi furono le conseguenze del terremoto del 1456. Il castello e l’intero borgo vennero abbandonati dopo quello del 26 luglio 1805, Sant’Anna, che sconvolse tutta l’area del Matese.”
La danza medievale e la ghironda
Valeria Scinocca, Daniele Romano, Sabina Iadarola, Salvatore Caracciolo, Federica Napoletano e Michele Fratantuono tenendosi per mano, sfiorandosi con i palmi, muovendosi in modo armonioso, hanno eseguito i passi semplici e ripetitivi di una danza medievale al ritmo dalle note della ghironda, un cordofono a corde strofinate da un disco, di origine medievale suonata da Antonio Scioli, il polistrumentista della Riserva Moac.
La nascita di Molise Noblesse, marchio registrato
“Con l’intento di valorizzare questo castello unico nel suo genere, e con esso i tanti castelli, borghi, beni culturali e aree naturali del Molise, nasce Molise Noblesse, – ha proseguito la giornalista, Cappussi – il Movimento per la Grande Bellezza (oggi marchio registrato) in risposta al doodle virale “il Molise non esiste!”. Noi lavoriamo per far conoscere la regione e le sue peculiarità, per valorizzarle e tramutarle in attrattori turistici. Dante a Castello, per il ciclo dimore del potere, porta sul territorio un’eccellenza italiana, i versi del Sommo Poeta, in un sito unico sotto le stelle.”
Un rendez-vous sotto la luna da Hugo a Liszt
Michele Fratantuono ha salutato il pubblico in francese, parlando dell’antica storia dei De Moulins, la famiglia di origine normanna che ha dato il nome alla regione Molise. Sabina Iadarola, laureanda in Medicina, ha invece raccontato agli astanti del legame tra Victor Hugo, romanziere de “I Miserabili” e “Notre Dame de Paris”, e l’opera di Dante Alighieri. Hugo aveva scritto un sonetto dedicato alla Divina Commedia, al punto da esclamare in una lettera del 1865: «L’Italia si incarna in Dante Alighieri».
“Ad Hugo – ha poi proseguito Michele – si ispira il compositore ungherese Franz Liszt, che nel 1846 compone “Après una lecture du Dante”, scelta per il passo a due eseguito da Maria Claudia Fatica e Carmine Taddeo della Compagnia di Ballo Amatuzio diretta da Marzia Bernardo”.
Pianto di Piero Ricci
Salvatore Caracciolo ha presentato “Pianto” di Piero Ricci, eseguito dal virtuoso Daniele Romano e la sua zampogna. “Un brano triste e nostalgico – ha spiegato Federica Napoletano – che introduce al dolore immenso dei peccatori dell’inferno, condannati a patire la pena eterna dettata dalla legge del contrappasso”.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate
“È venerdì. Mezzogiorno di venerdì 8 aprile del 1300. – ha raccontato al pubblico la Cappussi – In apertura del canto III, sulla porta dell’Inferno, campeggia una scritta. “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”. Una ammonizione terribile che introduce all’antinferno e agli ignavi, prima dell’incontro con Caronte, traghettatore dei dannati sul fiume Acheronte. Una volta varcata la soglia, Dante sente un orribile miscuglio di urla, parole d’ira, strane lingue che lo inducono al pianto. Dante chiede a Virgilio chi emetta quegli orribili suoni e il maestro spiega che sono gli ignavi, le anime di coloro che non si schierarono né dalla parte del bene né da quella del male e che ora risiedono nel Vestibolo dell’Inferno. Sono mescolate agli angeli che non si schierarono né con Dio né con Lucifero.
Dante vede che le anime corrono dietro un’insegna senza significato, che gira vorticosamente su se stessa. Essi sono punti e tormentati da vespe e mosconi, che gli fanno colare il sangue dal volto, il quale cade a terra mischiato alle loro lacrime e viene raccolto da vermi ripugnanti.”
Chi è colui che fece per viltade il gran rifiuto?
“Tra costoro – ha proseguito lapresidente del chapter Filitalia International Bojano – Dante crede di riconoscere colui che “colui che fece per viltade il gran rifiuto“. Per secoli si è dibattuto su chi fosse e per secoli si è attribuita la terzina a Celestino V, il Papa molisano che rifiutò il soglio pontificio, troppo corrotto e violento. Ma oggi l’identificazione con Pietro di Angelerio è per lo più rigettata, in considerazione del fatto che, imprigionato nel castello di Fumone, dove morì (leggasi: fu fatto uccidere da Bonifacio VIII, acerrimo nemico di Dante); quando Dante era ancora in vita, fu proclamato santo da Clemente V, il 5 maggio del 1313.
E allora chi era colui che per viltade fece il gran rifiuto? L’ipotesi, messa in luce da Giovanni Pascolie poi avvalorata da Natalino Sapegno, è che si tratti di Ponzio Pilato, il quale si sottrasse al proprio dovere di riconoscere l’innocenza di Cristo.”
Il canto III
“Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente.” Con queste parole del famoso canto, nel corso della serata, recitato a memoria da Alessio Spina, avvocato e cultore di Dante, il folto pubblico che riempiva la corte alta, moltissimi in piedi, ha potuto respirare l’atmosfera di paura, terrore, di dolore all’ingresso infernale. Il polistrumentista della Riserva Moac, Antonio Scioli, accompagnato del lento ed elegante passo delle castellane, Valeria Scinocca e Federica Napoletano, ha proposto una sottolineatura personale, tra accenti, pause, risalti alla ciaramella (dal tardo latino “calamellus”, o dal greco “kàlamos”, cioè “canna”).
O fortuna velut luna
La tensione è alta, suscitata dai versi mirabilmente recitati da Alessio Spina, l’atmosfera è giusta per due brani di Carl Orff, autore dei Carmina Burana: “Oh Fortuna” e “Fortuna plango Vùlnera” eseguiti dalle ballerine del Centro Danza Amatuzio di Marzia Bernardo: Divya Campanella, Teresa Cappussi, Giuseppe Colacci, Miriam Graziano, Giorgia Papa, Ludovica Pietrangelo, Asia Spina, Rosanna Francescone, Irene Muccilli, Miriana Perrella, Alessandra Valenti, Karol Perrella, Carmen Marro, Iris Di Rienzo.
E caddi come l’uom cui sonno piglia
Alessio Spina ha recitato in maniera suggestiva gli ultimi versi del Canto III della Divina Commedia, la voce profonda intrecciandosi con le note malinconiche della ciaramella di Antonio Scioli, a creare un’atmosfera carica di mistero e pathos, che ha fatto rivivere l’angoscia delle anime dannate.
Il mondo rurale tra suoni e movimenti
Il brano “Contado” è stato eseguito con maestria, intrecciando le melodie arcaiche della zampogna di Daniele Romano e da Antonio Scioli e la sua ciaramella, i cui suoni evocativi hanno trasportato gli ascoltatori in un viaggio attraverso antiche tradizioni pastorali e paesaggi montani, facendo rivivere l’essenza profonda del mondo rurale. Maria Claudia Fatica, coinvolta dalla musica, ha avviato movimenti di danza, aggiungendo un tocco visivo che ha reso l’esperienza ancora più immersiva e suggestiva.
Catullo e le sue liriche d’amore
Mina Cappussi ha presentato il poeta latino Gaio Valerio Catullo, con eleganza, descrivendolo come un maestro dell’arte poetica che, con versi intensi e appassionati, ha saputo catturare l’essenza dell’amore, della passione e dell’umano sentire, rendendolo immortale attraverso i secoli. Un poeta amante dei piaceri della vita e dell’amore conobbe a Roma la donna che sarebbe stata il grande amore (e il tormento) della sua vita. Il suo nome era Clodia, moglie del proconsole Metello Celere. Alla donna, più grande di lui di 10 anni e di mentalità molto più libera, il poeta attribuisce il nome di Lesbia, facendo un implicito paragone con la poetessa Saffo. La donna, pur amandolo, non risparmierà a Catullo una serie di dolorosi tradimenti fino alla loro separazione.
Cielo stellato, la speranza del nuovo giorno
Daniele Romano con la zampogna, presentato da Valeria Scinocca, ha eseguito due pezzi di grande impatto emotivo: “Il Mattino” di Grieg e “Inno alla Gioia”di Beethoven. Dopo la visione dell’eterno dolore, dei pianti, della paura e della sofferenza degli inferi, compare il cielo stellato, è la speranza del nuovo giorno, presagio del nuovo cammino di luce e di speranza dopo le tenebre precedenti. Per Dante il nuovo giorno è il simbolo della gioia, nel giungere presto in paradiso dalla sua Beatrice, dopo aver percorso la cantica del Purgatorio.
Dalla donna angelicata del sommo Poeta alla donna sensuale di Catullo
Le due improbabili coppie, la prima composta da Carmine Taddeo e Maria Claudia Fatica, che interpretano “Tanto Gentile e Onesta Pare” dai sonetti de La Vita Nuova di Dante del 1294, e la seconda coppia formata da Alessio Spina e Sabina Iadarola, danno vita a “Catullo e Lesbia” nella versione originale in latino e nella traduzione inedita di Alessio Spina, regalano al pubblico un’esperienza unica, dove la poesia classica risorge attraverso interpretazioni intense e cariche di emozione.
Il gran Finale
Corpo di Ballo Amatuzio di Marzia Bernardo, oltre 30 anni di attività a Bojano, dal 1991, che si cimenta su un terreno non facile per il terzo balletto, “In taberna quando sumus” Carl Orff.
Grazie a…
“Ringraziamo – ha concluso la presentatrice della serata, Mina Cappussi – Alessio Spina, cuore e amima di Dante a Castello, l’Accademia Musicale Il Pentagramma per la preziosa e indispensabile collaborazione e in particolare il prof. Roberto Napoletano, l’amministrazione comunale di Bojano rappresentata qui da Gianni Marro e Remo Perrella con Vivi Bojano per il supporto, Riccardo Orsini e il giovane Leonardo Orsini per l’aiuto prezioso, Mario Lucarelli per la logistica, Marzia Bernardo che ci riempie di poesia in movimento con il suo fare discreto eppur caparbio e tutte le ballerine della Scuola di Danza Amatuzio, il dr. Pasquale Nestico da Philadelphia, Eliana Cappussi per la Grafica, il Caseificio Biferno per il ristoro, i giovani della Youth Commission Filitalia, Servizio Civile Universale e Molise Noblesse, Smeagol e Lilo che hanno assistito a tutte le prove, l’ing. Franco Iadarola che ha curato la verifica puntuale di impianti e logistica, nonché Generoso D’Aversa per le Giornate Ecologiche, Pietro Picchiello e tutti voi che avete creduto in un esperimento, in un non-evento alla Alice nel Paese delle Meraviglie…”
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