Reportage esclusivo UMDI di Claudio Beccalossi
21mila civili morti. Conflitto Russia Ucraina 4^ puntata di un viaggio dell’orrore. (LEGGI LA 1^ PUNTATA) oppure (LEGGI LA 2^ PUNTATA) o anche (LEGGI LA 3^ PUNTATA) Continua il nostro viaggio fuori dagli schemi, in una visione divergente rispetto al politicamente corretto di questi giorni. Il reportage esclusivo UMDI racconta: il grande cantiere della ricostruzione di Mariupol, 21mila civili morti, il parallelo con la Cecenia, la gente senza cibo, acqua e medicine, Metalurhijnyj Kombinat “Azovstal”, crimini di guerra e torture del reggimento “Azov”. Esclusiva 4^ puntata UMDI di Claudio Beccalossi
21mila civili morti e a Mariupol’, grande cantiere della ricostruzione – La distanza stradale tra Donetsk e Mariupol’, sul mar d’Azov, è di circa 110 km. Il reporter Vittorio Nicola Rangeloni ed io, assieme alla giornalista televisiva bosniaca Darinka Petrović ed al suo operatore video in altra auto, li abbiamo percorsi partendo alle ore 8:30 del 26 gennaio 2023. L’agenda ha previsto un incontro-intervista, concordato con il direttore delle imprese militari russe di ristrutturazione degli immobili danneggiati dalla furia dei combattimenti. Scontri che si sono accaniti in città dal 24 febbraio al 20 maggio 2022, con un micidiale stillicidio di perdite, tra militari delle due parti e popolazione coinvolta, tuttora non ufficializzato: in base a fonti russe, 4mila soldati e paramilitari di parte ucraina sarebbero caduti e 3.917 catturati; nel fronte opposto avrebbero perso la vita 1.157 russi, 230 paramilitari e 17 separatisti. Oltre a 21mila civili morti secondo il governo ucraino.
21mila civili morti e l’ecatombe bellica
La recente ecatombe bellica è ben visibile a Mariupol’, con file di blocchi abitativi sconquassati, anneriti, svuotati, molti rasi al suolo. Dopo i soliti, sistematici controlli da parte della vigilanza armata siamo stati ammessi in un edificio rimesso in sesto che costituisce la base operativa della massiccia opera di riadattamento sotto responsabilità militari del vasto patrimonio immobiliare della città messo in ginocchio dall’estenuante brutalità dei bombardamenti.
Il parallelo con la Cecenia
La precedente esperienza in Cecenia – Nella sua sede ci ha accolto Vadim Vladimirovich Kuz, vice direttore generale dell’impresa EKC di Mosca, che ha subito voluto mostrarci le foto delle condizioni dello stabile al momento della sua presa in consegna per il restauro. Ha già operato col grado di colonnello per tre anni alla ricostruzione in Cecenia, esperienza tornatagli utile per una sorta di parallelismo tra le due devastanti situazioni. Gli edifici monitorati ammontano a 350, cioè 250 palazzine abitative ed il rimanente strutture pubbliche (scuole, asili, uffici, ospedali ecc.).
99% di edifici deteriorati
La mole di lavoro ha preso avvio già a fine maggio 2022, dopo il ritiro o la resa delle forze ucraine. Erano appena poche decine le case non lesionate: il 99% lamentava gradi di deterioramento dal meno rilevante al più disastroso. Gli addetti al grandioso recupero giorno e notte sono tra i 4mila ed i 4.500, provenienti dall’intera Federazione Russa.
21mila civili morti: perchè non si può vivere in pace
La durata prevista del programma è di cinque anni ma Kuz (originario di Smolensk, 360 km circa a sud ovest di Mosca) s’è detto convinto che potrà concludersi in tre anni. Non esiste alcuna collaborazione o partnership (è ovvio) con aziende pubbliche o private dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e del blocco occidentale in genere. Riguardo al conflitto russo-ucraino ha auspicato il prevalere del buonsenso e dei compromessi dato che persone muoiono in entrambi gli schieramenti. Anche in Cecenia si poneva la domanda sul perché non si potesse vivere in pace. Ha considerato tutto questo preoccupante per le ripercussioni e per le tante armi diffuse in giro.
Prima di abbandonare bruciavano tutto
Postazioni ucraine in abitazioni e scuole – Prima di partire con ciascuna ristrutturazione hanno provveduto e proseguono ancora a bonificare da ordigni inesplosi ogni fazzoletto di terra e qualsiasi spazio degli immobili. In questa città, a detta di Kuz, i militari ucraini avevano organizzato postazioni con armi ed esplosivi nelle stesse case e tra gli abitanti, trasformandoli in nidi di fuoco ed obiettivi da neutralizzare. Le imponenti distruzioni sono a causa di questo. Prima d’abbandonare le loro posizioni bruciavano tutto. Le condizioni della gente erano inimmaginabili, senza cibo, acqua e medicine. Molti non sono riusciti a mettersi in salvo in tempo.
Dopo la conversazione nel suo ufficio, Kuz, scortato da due guardie del corpo armate di mitra, ha voluto farci vedere un esempio del sollecito impegno russo, accompagnandoci in un vicino stabile devastato dove c’era una scuola utilizzata dai militari ucraini come caserma, disponendovi i propri centri di comando e depositi di munizioni. Quasi di fronte un’altra struttura scolastica, prima nelle stesse disastrose condizioni, è stata ristrutturata in appena 4 mesi.
La scuola riqualificata per 900 allievi
Kuz ci ha portato davanti ad un edificio già riqualificato ed in cui sono tornati a vivere gli abitanti. M’ha fatto vedere le foto scattate col cellulare prima dell’intervento di ripristino e rafforzamento, con profondi squarci causati dai colpi d’artiglieria.
Quindi, siamo entrati nella scuola “resuscitata” (la n. 27 di Mariupol’) e riprogettata per 900 allievi (dei quali 650 già presenti), con tutte le sue moderne competenze secondo gli standard russi (ampie sale, sofisticato impianto di videosorveglianza, attrezzata mensa self-service, wifi ecc.), incontrandovi una rappresentanza del corpo insegnante ed amministrativo e degli studenti.
Na zdorov’ye, alla salute!
L’invito di Kuz a pranzare insieme nella sua sede è stato accolto volentieri. Anche perché ci ha permesso d’approcciare il lato umano, dopo quello professionale, del dirigente russo dai buoni propositi (difficilmente attribuibili all’ipocrisia ruffiana del momento) rilanciati in vari na zdorov’ye (alla salute) bevendo una vodka esclusiva di marca “Tolga”. Bottiglia donata ad ogni ospite…
21mila civili morti; percorso nell’incubo
Dopo il commiato dal direttore e dal suo staff, Darinka ha voluto tornare a Donetsk con l’operatore video mentre il pratico Vittorio, assecondando le mie necessità giornalistiche, m’ha guidato dapprima in tour tra strutture già rimesse in sesto o riedificate ex novo davanti a fabbricati semiannientati od in fase di demolizione.
Metalurhijnyj Kombinat “Azovstal”
E, poi, attraverso un percorso a ritroso, nell’incubo”: da ciò che rimane del neoclassico Teatro d’arte drammatica dell’Oblast’ di Donetsk, o Teatro Drama, (bombardato il 16 marzo 2022 dai russi – con 600 vittime civili asserite – e da questi smentito, ora sottoposto a lavori radicali protetti dalla vista esterna da teloni che, comunque, non m’hanno fatto desistere da un’“incursione” all’interno per delle foto) alla devastazione ancora presente all’ingresso principale del vasto complesso metallurgico “Azovstal” (in ucraino Metalurhijnyj Kombinat “Azovstal’”) dove s’era compiuta l’ultima fase dell’offensiva russa, costringendo alla resa dopo l’evacuazione dei civili, tra il 16 ed il 20 maggio 2022, gli ultimi, ostinati combattenti ucraini, ormai allo stremo.
Superstiti dell’acciaieria “Azovstal” fatti prigionieri
I russi sostennero che all’interno dell’acciaieria si fossero asserragliati 2.500 militari ucraini e 400 volontari stranieri ed al termine dell’assedio vennero fatti prigionieri, sempre secondo fonti russe, 2.439 soldati ucraini (tra cui 78 donne) ed appartenenti al Reggimento “Azov” (Okremyj zahin special’noho pryznačennja “Azov”, Distaccamento autonomo operazioni speciali “Azov” dal gennaio 2015), in precedenza Battaglione “Azov”, fondato da Andrij Bilec’kyi, primo comandante, nel febbraio 2014 come gruppo paramilitare neonazista ed incorporato nella Guardia nazionale dell’Ucraina (Nacional’na hvardija Ukraïny).
Il Reggimento “Azov” sotto accusa internazionale
L’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), l’UNHCHR (United Nations High Commissioner for Human Rights, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani) e Human Rights Watch (organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani) hanno accusato i membri del reggimento “Azov” (dietro al paravento del governo di Kyïv) d’aver compiuto crimini di guerra e torture tra il 2014 ed il 2015 (nella guerra del Donbass) oltre ad altre azioni improntate alla russofobia violenta. E quali sono state le loro “regole d’ingaggio” successive, fino e durante la battaglia di Mariupol’?
21mila civili morti e un carro armato macabro simbolo di vittoria
Macerie, rottami arrugginiti, automezzi scassati, frammenti di razzi, pallottole integre, proiettili e bossoli di vari calibri sono disseminati tra l’entrata dell’“Azovstal” ed i suoi dintorni. E pure il carro armato ucraino fuori uso, lasciato come macabro simbolo di vittoria a ridosso del muro di cinta, parla d’un combattuto inferno di ferro e fuoco, spesso corpo a corpo. Homo homini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo)?
Nota del direttore
Siamo solo alla 4^ puntata del racconto in 10 puntate fatto da un testimone oculare di quella che è la situazione della guerra Russia Ucraina. Abbiamo assistito, durante la cosiddetta pandemia, alla uniformizzazione della informazione che, di fatto, è divenuta strumento in mano al potere che ha messo a punto una strategia di controllo che oggi sta venendo fuori, poco a poco, grazie al quotidiano La Verità diretto da Maurizio Belpietro e alle battaglie composte e rilassanti di Francesco Borgonovo, alle inchieste e le interviste di Fabio Duranti su Radio Radio, a Diego Fusaro, BioBlu a pochi altri media non allineati insieme a filosofi senza paraocchi come Giorgio Agamben e Massimo Cacciari. Giusto dubitare, dunque, su quello che ci arriva su giornali e Tv come verità sacrosanta. E’ una versione. Ai nostri lettori piace fornire più versoni, più punti di vista, letture e interpretazioni divergenti e diversificate affinchè possano farsi un’idea propria e personale dei fatti. E’ questo il ruolo dell’Informazione. Un Mondo d’Italiani lo sa.
Quid est Veritas?
Quid est veritas? Ponzio Pilato durante l’interrogatorio a Gesù. «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte». Vangelo secondo Giovanni (18:38).
(4 – continua)
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