Sperimentato cuore artificiale, per garantire al bambino la possibilità di attendere il traspianto, senza dover rimanere attaccato a delle macchine per mesi, talvolta anni, e con rischi molto più bassi di morire nell’attesa a causa di complicazioni. Nell’ospedale Piediatrico del Bambino Gesù, un caso di cardiomiopatia dilatativa, in un bambino di 6 anni, i cui genitori hanno dato l’autorizzazione per ultilizzare la sperimentazione del cuore artificiale.
Rilasciata l’autorizzazione dalla Food and Drug Administration per la sperimentazione clinica di un cuore artificiale, su 88 bambini. La sperimentazione sarà condotta dai New England Research Institutes e riguarderà pazienti dislocati negli Stai Uniti e in Canada: lo studio valuterà le prestazioni del cuore artificiale nel garantire supporto circolatorio in attesa del trapianto. I primi risultati sono attesi sei mesi dopo l’avvio della seprimentazione. Anche l’Italia ha un ruolo nel progetto: il dispositivo, infatti, era già stato utilizzato nel 2012 all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, salvando la vita a un bambino di 16 mesi. Nel 2017, la sperimentazione partirà anche al Bambino Gesù, sotto la guida dell’équipe di Antonio Amodeo, responsabile dell’Unità di Funzione ECMO e Assistenza Meccanica Cardiorespiratoria al Dipartimento Medico Chirurgico di Cardiologia Pediatrica (di Sandro Iannaccone)
A Roma, un caso con una cardiomiopatia dilatativa, che ha riguardato il bambino di nome Matteo, di 6 anni, che presentava una calcificazione arteriosa generalizzata. I genitori non si sono arresi e si sono rivolti all’ospedale piediatrico del Bambino Gesù, dove il dottore Antonio Amodeo, ha proposto ai coniugi Ferrari di andare verso un approccio sperimentale, ovvero l’impianto di un cuore artificiale esterno per la circolazione extra corporea, che permetterà a Matteo di resistere fino all’arrivo di un cuore nuovo.
“Sono stati dei momenti molto difficili, di nervosismo, anche tra di noi, che abbiamo affrontato piano piano.”. Ha detto il padre di Matteo e di Giulia Francesco Ferrari.
di Davide Colacci
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