E’ allerta massima in 25 città nel giorno dello “sciopero sociale” contro il Job Act, con studenti e precari in piazza per la protesta convocata dai sindacati di base contro le politiche del governo Renzi e dell’Unione europea, con piazze calde previste soprattuto a Milano, Roma e Palermo e giornata difficilissima per viaggiatori e pendolari.
Nella Capitale sono previste più di 10 manifestazioni e particolare attenzione è data al corteo principale da piazza della Repubblica diretto a piazza Vittorio, con, a sfilare, studenti, precari, movimenti, migranti e sindacati di base ed il rischio concreto di infiltrazioni di frange estreme o di deviazioni di percorso improvvise da parte di alcuni spezzoni di manifestanti.
Il clima è teso, comunque, in tutto il Paese, diffuso fra tutte le classi sociali, malignamente infiltrato ovunque e con scarsa prospettiva di cambiamento.
La crisi si aggrava e si prevedono tempi futuri ancora più bui, dopo la diffusione dei dati macroeconomici che vedono sempre crescite di decimali anche nelle nazioni più forti e dopo la sigla a Pechino dell’Ita (Information Technology Agreement) tra Cina e Stati Uniti, che consentirà di tagliare di un terzo, a regime, i dazi sugli scambi di prodotti ad alta tecnologia tra i due Paesi e di contribuire in modo significativo allo sviluppo della ricchezza e dell’occupazione sulle due sponde del Pacifico; preludio all’intensificazione dei negoziati Tpp (Trans Pacific Partnership) estesi a tutte le principali economie che si affacciano sul Pacifico, mentre l’Europa ristagna e siamo ancora tutti in attesa di veder partire il piano da 300 miliardi di investimenti annunciato da Jean-Claude Juncker al momento della sua elezione, mentre ci troviamo a confrontarci con il rischio che per via del suo operato passato il nuovo presidente della Commissione sia “un’anatra zoppa”, proprio (o forse ancor più) di Barack Obama dopo le ultime elezioni ed invece occorrerebbe una posizione forte che permettesse che buona parte di quei 300 miliardi di investimenti, almeno la metà, fossero destinati da subito a programmi di ricerca e sviluppo che coinvolgano le migliori eccellenze industriali europee, superando per una volta le liturgie politiche e burocratiche che attanagliano l’Europa.
Renzi è partito per Bucarest, per poi andare in Australia ma ha voglia di mettere un po’ di puntini sulle i a proposito di alcune questioni di strettissima attualità: legge elettorale, prima di tutto; poi Jobs Act, naturalmente; e infine – ma molto, molto malvolentieri – l’ipotesi di elezioni anticipate e la questione delle questioni ad essa assai legata, cioè la permanenza di Giorgio Napolitano al Quirinale.
Parte, comunque, avendo ottenuto un accordo con la minoranza Pd sul Patto per il lavoro, annunciando che “non ci si ferma più”., che non vi sarà alcun voto di fiducia sul testo del Senato, con l’approvazione alla Camera, in tempi brevi, del testo che uscirà dalla commissione Lavoro, dove saranno recepite, è questa la mediazione, le proposte sancite nella direzione del Partito democratico, a cominciare dalla tipizzazione del reintegro per i licenziamenti disciplinari, che così torna ad essere previsto e tutelato.
All’indomani dell’incontro con Silvio Berlusconi dichiara che: “non c’è nessuna trattativa” ancora aperta su quello che ha ribattezzato ”Italicum 2.0”, parlando di “partita chiusa” e di articolo 18 “superato: dal primo gennaio ci saranno nuove regole sul lavoro, minori costi per gli imprenditori, più soldi in busta paga per i lavoratori, una riduzione delle forme contrattuali2 e concludendo con l’affermazione: “non si tolgono diritti ma si riducono gli alibi”.
Comunque il nervosismo non solo serpeggia nelle piazze, ma cresce fra gli alafaniani, con l’accordo con Forza Italia che fa insorgere il Nuovo Centrodestra, sempre più irritato dalle affermazioni riguardo la legge elettorale.
Renzi comunque è convinto che le cose al nostro interno si stanno sistemando, tanto da poter partire per Bucarest per sostenere il giovane primo ministro e leader dei socialisti romeni Victor Ponta nel ballottaggio per le presidenziali e rinsaldare con lui quell’asse dei socialisti europei che passa da Roma, Parigi, Madrid e Lisbona, dove sarà a fine mese.
Subito dopo andrà al G20 di Brisbane, che partirà sabato, con una sorveglianza rafforzata nei pressi del centro congressi dove si terrà il vertice e intorno agli hotel che ospiteranno i circa 4.000 delegati dei venti Paesi più industrializzati del mondo ed una protesta che è già manifesta da parte di chi sostiene che se davvero i leader mondiali volessero salvare vite umane, dovrebbero varare riforme fiscali per impedire alle multinazionali di portare i profitti nei paradisi fiscali; ridurre le disuguaglianze e fare in modo che non accada che poche persone concentrano tutta la ricchezza e che la crescita vada a beneficio dei più ricchi mentre ai poveri restano le briciole.
Il ‘G20 Innovation Hub’, che ha anticipato l’arrivo dei leader mondiali al Summit, ha rappresentato un appuntamento unico per l’ecosistema internazionale impegnato nello sviluppo dell’innovazione sociale e dell’impact investing, presentando le esperienze più significative di social business per condividere e valorizzare le migliori pratiche internazionali.
Durante gli incontri è emerso un vocabolario è intriso di un futuro, apparentemente, incomprensibile: co-design, payment by outcomes, impact investing, building capacity, collective impact, shared value, social procurement e sharing economy; ma dal quale emerge, chiaramente che governerà meglio chi riuscirà – prima – a gestire i prossimi fondi strutturali ad alto impatto (e visibilità) internazionale; vivrà meglio chi – presto – investirà nell’efficacia dell’infrastruttura sociale più che nella quantità del servizio erogato; guadagnerà – realmente – chi sosterrà il processo di up più che lo start delle nuove imprese.
Come ha commentato Fabrizio Sammarco, alla luce di quanto discusso, il compito per istituzioni e corporate è la strutturazione di un nuovo sistema di governance con cui avviare politiche economiche (e digitali) in grado di sostenere la nascita di una nuova economia civica, sostenendo un processo che trasformi così un’iniziativa in un servizio fruibile a più persone, che inneschi una rapida interazione delle idee fin dalla prima loro generazione, con una crescita dei progetti tra portatori di interesse, con alla base nuovi processi di innovazione tecnologica e produttiva emergenti dal basso e sviluppati prima internamente – in piccola scala – e successivamente estendibili in larga scala, anche globale.
Di là dai tecnicismi, occorre investire in innovazione e formazione, piccola impresa collegata in reti capaci di generare nuovi prodotti fruibili in larga scala, che conservino però caratteristiche artigianali.
Nell’ultimo G20, quello del 2013 a Los Cabos le potenze economiche riposero in un cassetto lo sviluppo e la sicurezza alimentare per farsi completamente assorbire dai disaccordi su come risolvere i problemi dell’Eurozona ed in questo modo hanno perso di vista i paesi in via di sviluppo, che sono in grandi difficoltà per via dei tagli agli aiuti, dei cambiamenti climatici e della volatilità dei prezzi alimentari.
Speriamo che nel prossimo serva a parlare e risolvere i problemi, invece che descriverli semplicemente.
La Commissione europea sta moltiplicando i messaggi di rassicurazione per reagire alle critiche al suo presidente sulle scelte del Granducato, che ha governato per 18 anni. La linea di difesa di Juncker non fa una grinza dal punto di vista legale, mentre dal punto di vista politico non si può non rilevarne l’elevato grado di ipocrisia (non sono l’architetto del modello lussemburghese, le autorità fiscali in Lussemburgo sono indipendenti, ha detto all’Europarlamento).
Così, ancora una volta, un cospiquo apparato che dovrebbe lavorare per i cittadini,. È posto a garanzia degli interessi di singoli i quali, si preoccupano della propria credibilità e posizione anche quando il disastro è patente e generale.
Un altro esempio nostrano di tal fatta, pare essere un emendamento al disegno di legge sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, in esame alla Commissione Affari Costituzionali, risposta alla delibera Cantone, che punta a cancellare doppi incarichi e conflitti d’interesse, con una prima proposta dei senatori di Fi che chiedevano al testo del Governo un ulteriore articolo, il n. 8 bis, dove si specificava la natura giuridica degli Ordini e dei Collegi professionali e delle loro federazioni nazionali come “enti pubblici non economici a carattere associativo” e in base a questa peculiarità giuridica essi: “determinano la propria organizzazione con appositi regolamenti” ai quali “non si applicano le restrizioni in materia di rapporti di lavoro”, precisando che “sono soggetti esclusivamente alla vigilanza del ministro competente”.
Respinto l’emendamento, a firma del Pd Amedeo Bianco, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, è stato inoltrato un altro emendamento che vedrebbe ridotti gli Ordini Professionali (Medici, Farmacisti ed Infermieri) a semplici associazioni culturali.
Il tutto, naturalmente, per togliesi di mezzo le limitazioni di Cantone e conservare il ruolo di Senatore e Presidente.
Come scrive “Infermieristicamente”, Bianco ha dei complici in questa deprecabile sveltina: Annalisa Silvestro, anche lei senatrice Pd e presidente della Federazione degli infermieri, Andrea Mandelli, senatore di Forza Italia e presidente della Federazione italiana dei farmacisti e Luigi D’Ambrosio Lettieri, senatore di FI e presidente dei farmacisti baresi, che, andando a scartabellare, in quattro, occupano complessivamente 35 poltrone, ed hanno ben 35 cariche.
“Le parche”, celebre quadro di Johann Heinrich Füssli, ci suggerisce che sempre, chiunque voglia operare letali “sveltine”, ci indurrà a guardare altrove.
di Carlo Di Stanislao
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