Il giovane neandertaliano aveva 12 – 14 anni. In Abruzzo anche leopardi, camosci, cervi, la marmotta e l’uro. Un incontro emozionante durante una campagna di scavo. Attesa ed emozione per l’avvenuta conferma del ritrovamento di un osso umano. Dapprima il primo deposito in grotta del Paleolitico medio in Abruzzo, cioè un pacco di terreno stratificato di un accampamento di caccia dell’uomo di Neanderthal. Poi l’uomo più antico d’Abruzzo, di circa 80 mila anni, trovato il 15 giugno del 1979.
(UNMONDODITALIANI) Nel mese di luglio del 1978, mentre partecipavo, con l’équipe della prof. Renata Grifoni Cremonesi, dell’Università di Pisa, ad una suggestiva campagna di scavo del Neolitico nella Grotta Continenza di Trasacco, nel Fucino, situata sotto un grande strapiombo roccioso, mi venne in mente di recarmi ad esplorare un analogo riparo sotto roccia, nel demanio basso di Calascio (L’Aquila), a quota 670 m, presso il Piano di Capestrano. Il sito ha l’altisonante toponimo “I Grottoni”. In realtà v’è una sola grotta e sulla sua sinistra un ampio anfratto che, a prima vista, mi sembrò il più idoneo per un sondaggio. Non ero solo. Era con me l’amico Antonio Matarelli, all’epoca sindaco di Calascio, il quale si meravigliò non poco quando, come d’istinto, gli dissi che avremmo dovuto evitare la Grotta per andare invece a saggiare il terreno sotto il grande riparo sotto roccia. Bastarono solo 15-20 cm di scavo per far affiorare frammenti di ossa fossilizzate e alcune selci preistoriche, lavorate per strumenti. Interrompemmo subito la fortunata esplorazione, ricoprimmo la buca e raccogliemmo i preziosi resti antichi. Ad agosto i reperti furono analizzati dal prof. Antonio Mario Radmilli, ordinario della cattedra di Paleontologia umana dell’Università di Pisa, che mi comunicò l’inaspettata notizia che, con ogni probabilità, avevamo rinvenuto il primo deposito in grotta del Paleolitico medio in Abruzzo, cioè un pacco di terreno stratificato di un accampamento di caccia dell’uomo di Neanderthal.
La probabilità divenne certezza con un saggio di scavo, diretto dallo stesso Radmilli, nel mese di settembre dello stesso anno e da due successive campagne archeologiche in giugno e settembre del 1979, dirette dal sedimentologo Cesare Pitti e dallo scrivente. Dalla natura del terreno, dalla tipologia degli strumenti in selce e dalla variegata avifauna (35 specie), microfauna e macrofauna cacciata, si dedusse che i neanderthaliani si accamparono nel sito, a più riprese, durante le stagioni estive, nel corso del primo periodo freddo dell’ultima glaciazione wurmiana, quando il clima del riparo (con quota 670 m) toccava temperature paragonabili a quelle attuali dei 1.500-1.600 m di Campo Imperatore.
Il deposito archeologico, ricco di focolari sovrapposti nel tempo, restituì 60 mila frammenti di ossa animali, fra i quali quelle di camoscio, di cervo, di cavallo selvaggio, dell’uro, della iena delle caverne, della marmotta e persino del leopardo. Ma la sorpresa più emozionante fu l’incontro diretto con l’uomo antico. Era il 15 giugno del 1979, il terzo giorno della campagna di scavo. Sotto un grosso masso, appena rimosso, notai qualcosa di molto particolare. Segnai la posizione stratigrafica. Raccolsi il reperto ed annotai sul diario: “M5 tg.2, rinvenimento di un’epifisi prossimale da determinare”. La speranza era che l’osso fosse umano. La conferma mi venne da Pisa il 7 gennaio 1980 dal prof. Francesco Mallegni, che mi scrisse: “Il tuo ossicino è risultato umano: del resto si vedeva macroscopicamente, e adesso anche al microscopio con le sezioni sottili”. Dopo un serie di analisi per gas-cromotografia, per le residue percentuali di azoto e confronto con le altre ossa del deposito, si stabilì l’antichità relativa e l’età dell’individuo: la testa di femore era di un giovane neandertaliano di 12 -14 anni. Così fu rinvenuto l’uomo più antico d’Abruzzo, di circa 80 mila anni. Attualmente i reperti litici e faunistici si trovano presso l’Università di Pisa, mentre il fossile umano è custodito dal prof. Capasso dell’Università di Chieti, già in servizio in Sovrintendenza Archeologica.
Fulvio Giustizia, archeologo paletnologo e storico di cose abruzzesi, è nato nel 1939 a Calascio (L’Aquila).Vive e lavora a L’Aquila. È Socio Ordinario dal 1982 della Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi e Deputato dal 1995. Conseguite la Laurea in Lettere nel 1978 all’Università “La Sapienza” di Roma, e la Specializzazione in Archeologia Preistorica nel 1980 presso l’Università di Pisa, si è dedicato ad una sistematica ricerca paletnologica nell’Abruzzo interno, pervenendo alla scoperta d’inediti siti preistorici, fra i quali “I Grottoni” di Calascio (L’Aquila), con reperti dell’uomo di Neanderthal. Dal 1989 ad oggi, affiancando la ricerca storica ed archeologica alla sua ordinaria attività di docente di Storia dell’Arte nei Licei,si è interessato anche di storia medievale nel territorio aquilano. Dal 2001 collabora con il CAI dell’Aquila, organizzando percorsi culturali intitolati “Itinerari archeologici di montagna”.
* L’articolo, salvo alcune varianti, fu pubblicato sulla rivista “SVAGO” ( n.4/2006) , edita dall’Associazione Culturale L’Impronta, L’Aquila