Usa. Ci lascia il grande scrittore statunitense Ray Bradbury “Prendete nota: l’amore è al centro della vostra vita. Le cose che fate dovrebbero essere le cose che amate, e le cose che amate dovrebbero essere ciò che fate. Ecco quel che si impara dai libri. Avevo sette anni quando andai alla biblioteca per la prima volta. Fu una grande avventura”.
Los Angeles. È scomparso a Los Angeles Ray Bradbury lo scorso 5 giugno, aveva circa 92 anni, nato a Wakegan nell’llinois il 22 agosto del 1920, figlio di un operaio elettrico e di una casalinga di origini svedesi. Nel 1934 si trasferì con i genitori in California dove scoprì il mondo della fantascienza. Ray Bradbury è considerato un innovatore del genere fantascientifico. Nella sua brillante carriera ha collezionato tantissimi successi, autore di una trentina di libri ma è stato anche sceneggiatore cinematografico.
La sua bibliografia
Cronache marziane (1950), Il gioco dei pianeti (1951), Fahrenheit 451, 1953) Le auree mele del sole (1953), Paese d’ottobre (1955), L’estate incantata (1957), La fine del principio (1959), Il popolo dell’autunno (1962), Le macchine della felicità (1964), Il corpo elettrico (1969). L’albero di Halloween (1972), Il meraviglioso vestito color panna e altre commedie (1972), Molto dopo mezzanotte (1975), Fahrenheit 451 – Adattamento teatrale (1979), Dinosauri (1983), Morte a Venice (1985), 34 Racconti (1985) Omicid-i di annata (1986), Lo Zen nell’arte della scrittura (1986), Viaggiatore del tempo (1988), La follia è una bara di cristallo (1990) Verdi ombre, balena bianca (1992), I fiori di Marte (1996), Ahmed e le macchine dell’oblio (1998), Ritornati dalla polvere (2001), Constance contro tutti (2002) ultima opera Addio all’estate (2006).
Proponiamo una parte di un’intervista pubblicata sul National Endowment for the Arts del 2010, dove il grande scrittore si autopresenta; narra del suo amore per i libri e della sua vita, e soprattutto come sono nate le sue storie. Abbiamo recuperato questa bellissima intervista grazie sito wuz, e la pubblichiamo volentieri dando così spazio all’autore; un piccolo omaggio ad un grande artista e ai suoi fans.
Ray Bradbury: “Immagino vi stiate chiedendo perché vi ho riuniti tutti, stasera. Devo presentarmi. Beh, io sono Ray Bradbury. Ma vedo che siete tutti curiosi di sapere come mi sono innamorato dei libri. Ora, prendete nota: l’amore è al centro della vostra vita. Le cose che fate dovrebbero essere le cose che amate, e le cose che amate dovrebbero essere ciò che fate. Ecco quel che si impara dai libri. Ho cominciato a leggere quando avevo tre anni. Mi piacevano i fumetti, amavo le strisce domenicali, e ho avuto in regalo un libro di racconti di fate quando avevo cinque anni. Quando avevo tre anni mi portarono per la prima volta al cinema, e mi appassionai moltissimo alle immagini in movimento: era “Il gobbo di Notre Dame”, e io crebbi nella speranza di diventare un giorno come Quasimodo. Mi sono innamorato di storie come “La bella e la bestia” o “Jack e la pianta di fagiolo”. A cinque anni fu il turno de “Il fantasma del palcoscenico”, con Lon Chaney, e m’infatuai di Lon Chaney. Più tardi – verso i sei anni – scoprii i dinosauri, che sarebbero tornati a farsi vivi più tardi, nel mio lavoro alla sceneggiatura di “Moby Dick”, quando di anni ne avevo ormai trenta. Ecco: vedete come funziona questo genere di cose? Un racconto nel quale vi imbattete quando avete 3, 6, 10 o 12 anni riemerge nel vostro lavoro quando siete trentenni. Le cose che fate dovrebbero essere le cose che amate, e le cose che amate dovrebbero essere ciò che fate. Avevo sette anni quando andai alla biblioteca per la prima volta. Fu una grande avventura. Ma prima ancora, quando di anni ne avevo sei, viaggiai dall’Illinois a Tucson, in Arizona. Siccome viaggiavo con i miei genitori, la prima cosa che feci la sera in cui scendemmo dalla macchina per fermarci a dormire in un hotel sulla strada, fu di andare alla biblioteca. Andai, correndo in mezzo a un turbine di foglie secche, fino alla biblioteca. Speravo di trovarvi libri di L.Frank Baum sulla terra di Oz, o libri di Edgar Rice Burroughs su Tarzan, o qualche libro sulla magia. Aprii la porta, e tutta quella gente era dentro ad aspettare me. Vedete, le biblioteche e le librerie non sono fatte da libri: sono fatte da persone. Migliaia di persone, che aspettano solo che tu entri in biblioteca. È molto più personale che un semplice libro. Tu apri il libro, e le persone saltano fuori. Tu guardi Charles Dickens, e tu sei Charles Dickens, e lui è te. Perciò, ti dirigi verso uno scaffale, e tiri fuori un libro, e guardi dentro quel libro, e cosa vedi? Uno specchio. Tutt’ad un tratto uno specchio è lì, tu ti ci vedi riflesso, ma il tuo nome è Charles Dickens. Ecco quel che è una libreria, o una biblioteca. Oppure il libro è di Shakespeare, e tu diventi Shakespeare, o Emily Dickinson o Robert Frost, questi grandi poeti. Così trovi le luci che possono guidarti attraverso il buio, e io l’ho trovata in Shakespeare, che mi ha mostrato la via, e in Emily Dickinson, che ha portato la fiaccola. Edgar Allan Poe, che ha detto “da questa parte. Ecco la luce”. Entri in una biblioteca, e scopri te stesso. La mia più grande influenza è John Steinbeck. Ho letto “Furore” quando avevo diciannove anni. Quando scrissi le “Cronache marziane” avevo bisogno di una struttura, e non avevo visto, in un primo momento, di quanto mi fossi avvalso di “Furore”. “Cronache marziane” ha una struttura identica a quella di “Furore”. Da solo, a casa, quando avevo dodici anni, alzavo gli occhi al cielo e pregavo “Marte, vienimi a prendere e portami a casa”. Marte venne a prendermi, e non ho più fatto ritorno, da allora. Quando finii il liceo, non avevamo soldi, e non potei andare al College. Ma andavo in biblioteca. La biblioteca può realizzarti come persona. Avevo un lavoro. Vendevo quotidiani agli angoli delle strade, e guadagnavo dieci dollari la settimana. Ogni mattina mi svegliavo e scrivevo storie, e nel pomeriggio andavo alla biblioteca.
A quell’età, a diciannove anni, riuscii ad esprimermi sugli amori della mia vita, e tutto questo finì nei libri. È il segreto della mia vita. Grazie a Dio ho seguito le mie inclinazioni, e non ho fatto quel che gli altri mi dicevano di fare.
Sono le tue idee a contare, e quando sei in mezzo ai libri di tutti quei meravigliosi insegnanti, di quei grandi scrittori, scopri che possono insegnarti un sacco di cose mentre stai seduto in biblioteca e lasci che la loro maestria si irradi tutt’attorno a te. Pubblicai la prima versione di Farenheit 451, intitolata “Il pompiere”, nel numero di febbraio 1951 di una rivista di fantascienza. Contava 25000 parole. Mi chiamarono da Ballantine (nota casa editrice – Ndr) dicendomi “Potrebbe provare ad allungare il racconto di altre 25000 parole? Se è in grado di farlo, pubblicheremo il suo romanzo, e lei dovrà trovare un titolo per questo romanzo. ‘Il pompiere’ non è il titolo giusto”. Divenni curioso: a quale temperatura la carta prende fuoco e brucia? Così chiamai il dipartimento di chimica all’UCLA e chiesi, ma loro non sapevano rispondere. “Ci spiace. Provi a chiamare i pompieri”. E io lo feci: chiamai il capo dei pompieri del dipartimento centrale di Los Angeles e dissi “Potrebbe dirmi a quale temperatura la carta prende fuoco e brucia?” Lui mi rispose “Aspetti, torno subito”. Tornò poco dopo, e mi disse “La carta prende fuoco e brucia a 451 gradi farenheit”. “Ottimo”, pensai. “Così devo invertire i fattori. Il libro deve chiamarsi Farenheit 451”.
Il libro più importante della mia vita è stato “Canto di natale” di Charles Dickens, perché è tutto quel che c’è da sapere sulla vita e sulla morte. Leggi quel libro, e ne sei trasfigurato, proprio come Ebenezer Scrooge. Qualsiasi residuo di Scrooge sia dentro di te, è vinto, è sconfitto.
Un altro libro importantissimo è “Tenera è la notte” di Scott Fitzgerald. Ho sette copie di questo libro. Pensate: sono stato a Parigi venti volte. Ogni volta che vado a Parigi porto con me questo libro. Comincio a leggerlo alla Tour Eiffel, poi m’incammino per le vie della città, dall’alba al tramonto; mi fermo in un ristorante e leggo un altro capitolo di questo libro straordinario scritto da Fitzgerald, e prima della fine della giornata ho finito di leggerlo.
Ho trovato l’amore della mia vita fra i libri di una libreria. Incontrai una bella ragazza, e la invitai a prendere un caffè, e poi a cena, e m’innamorai di lei e dei libri che la circondavano. Lei fece un voto di povertà, un anno più tardi, sposandomi, perché le mie entrate erano nulle. Era ricca, e rinunciò a tutto per seguire me e vivere a Venice, senza automobile, senza telefono…
Vivevamo d’amore, dei libri e delle cose che scrivevo. Ecco la risposta alle domande della vita: se puoi trovare una persona da amare, che ami la vita quanto te, e ami i libri quanto te, beh, non lasciartela scappare e sposala. Mica male, no? Ah! la vita è meravigliosa. L’immaginazione dovrebbe stare al centro della tua vita. La fantasia dovrebbe stare al centro della tua vita. Un epitaffio possibile: Qui riposa RayBradbury, che ha amato la vita completamente”.
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