Cinema, televisione, teatro: la 71enne Mariangela Melato, nella sua lunga carriera, si è cimentata in numerosi spettacoli riuscendo sempre ad interpretare ogni ruolo con la professionalità che la caratterizzava. La sua morte, avvenuta l’11 gennaio scorso ha lasciato in tutti un vuoto incolmabile
Aveva solo 71 anni, ma era malata da tempo, affetta da un male sordido e spietato, che alla fine l’ha uccisa, l’11 gennaio scorso, all’interno del Complesso S. Maria della Pietà di Roma, con affianco la sorella Anna. Grande attrice cinematografica, indimenticabile in film come “Mimì metallurgico ferito nell’onore”, “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto”, “Casotto” (con la sorella Anna) e “La classe operaia va in paradiso”, Mariangela Melato è stata anche grande interprete teatrale, superlativa nell’”Orestea” di Eschilo diretta da Luca Ronconi e in “Filumena Marturano”, al fianco di Massimo Ranieri, andata in replica su Rai1 nel giorno di Capodanno. Con il teatro aveva iniziato, dopo aver studiato pittura all’Accademia di Brera, disegnando manifesti e lavorando come vetrinista alla Rinascente per pagarsi i corsi di recitazione di Esperia Sperani, con un esordio trionfale, a soli 21 anni, in “Binario cieco di Terron”, rappresentato al Teatro Stabile di Bolzano, con la compagnia di Fantasio Piccolo. Poi matura la sua formazione artistica sotto la guida di registi come Dario Fo, Luchino Visconti e Luca Ronconi ed infine, nel 1969 debutta nel cinema con un film di Pupi Avati, “Thomas” e, due anni dopo, recita in “Per grazia ricevuta” di Nino Manfredi. Il suo periodo migliore gli anni ottanta, periodo in cui sul palcoscenico recita nell’”Orlando Furioso” e in “Quel che sapeva Maisie” di Henry James, per essere sulla scena ora Fedra ora Medea ora Madre Coraggio e sul grande schermo ritrova Ugo Tognazzi, tra i fasti della Belle epoque, ne “Il petomane” (di Pasquale Festa Campanile, 1983) o tra le anime burlone di un cimitero in “Mortacci” di Sergio Citti. Molto attiva anche sul piccolo schermo, dopo il successo dei primi due episodi del film televisivo “Una vita in gioco”, rispettivamente diretti da Franco Giraldi (1991) e Giuseppe Bertolucci (1992), compare in “Due volte vent’ anni” (di Livia Giampalmo), tratto dall’omonimo romanzo di Lidia Ravera. Poi, nel 2007, si era presa una pausa di disimpegno, portando in scena “Sola me ne vo”, dove ballava e cantavacome una vera show girl. Anzi come Madonna, la cantante rock che l’aveva sfidata sul suo terreno nel remake (orribile) di “Travolti da un insolito destino”. Stava molto male da due anni e di recente aveva dovuto annullare la tourneé dello spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Genova, “Il dolore”, di Marguerite Duras per la regia di Massimo Luconi. In cartellone dall’8 al 25 novembre, lo spettacolo era stato annullatocon una lettera del direttore artistico del Teatro Stabile di Genova, Carlo Repetti: “È con vero, profondo dispiacere e scusandomi con tutti voi per il disagio che questa mia lettera porterà ai vostri teatri, che devo annunciarvi la forzata rinuncia a tutta la tournée de “Il dolore” a causa dello stato di salute di Mariangela Melato”, scriveva Repetti nella lettera indirizzata a Fiorenzo Grassi, Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, nella qualità di direttori del Teatro dell’Elfo, nonché ai direttori di altri importanti teatri. Unacarriera, la sua, lunga e gloriosa, dal bianco e nero al colore, in palcoscenico e al cinema, con qualche incursione in televisione, tra grandi registi e grandi attori come compagni di viaggio ed uno solo rimpianto: non aver potuto lavorare con Fellini, che pure avrebbe tanto desiderato dirigerla in qualche suo apologo surreale. La ricorderò soprattutto in “Amor nello specchio”, commedia scritta nel 1622 da Giovan Battista Andreini, diretta da Luca Ronconi, messa in scena nel 2002, tre anni dopo il film di Salvatore Maira con Anna Galiena in cui riesce, da grande attrice, a rievocare i fasti (ed i guasti), di un mondo libertino, in bilico tra repressione e genialità, che tanto ricorda, ma tanto si differenzia, dal grande e volgare mondo attuale. E ancora, ne “La Medea” di Euripide diretta da Sepe, una messa in scena che lei volle fortemente, su una donna insieme moderna ed antichissima, moderna nella lucidità, nell’intelligenza, nel rifiuto di subordinazione agli uomini, nella perfetta consapevolezza delle conseguenze che avrà il suo gesto e terribilmente antica nella passione da cui tutto questo nasce. Dotata di un fascino insostituibile, oltre che di un talento che rimarrà indimenticabile, ha dato vita a personaggi e a racconti che rimarranno per sempre nella storia, componendo, per sempre, l’immagine di una grande signora della cultura e dello spettacolo, una delle più grandi attrici italiane che mai abbiano calcato set e palcoscenici. È per la sua arte e per le sue convinzioni che Mariangela Melato resterà sempre nei nostri cuori, donna e attrice che ha creduto nel teatro e nel cinema come luoghi dell’anima, in cui esprimere e donare il meglio di se stessa. Raccomando di rivedere i suoi film meno noti, ma non per questo meno belli: “La fine è nota” (1993) di Cristina Comencini; “Panni sporchi” di Mario Monicelli e “Un uomo perbene” di Maurizio Zaccaro (1999), “Vieni via con me” (2005) di Carlo Ventura e, per la tv, “Scandalo”, 1990 e “Rebecca, la prima moglie”, del 2008. E poi ancora la sua apparizione, un vero gioiello, in un piccolo film di Luciano Salce “Basta guardarla”, del 1970, riuscita rappresentazione dell’avanspettacolo, in cui dice cantando, negli struggenti panni di Marisa do Sol, spagnola di Milano: “ Tre rose e un solo cuore, altro non ho da offrire a te, ma se ti basta un grande amore, rimani insieme a me, a me…”.
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