«QUANDO LA VIDI COSI’ STAMPATA LA PAROLA DELL’ASPRO SUONO (FEMMINISMO) MI PARVE D’UN TRATTO ACQUISTARE INTERA LA SUA SIGNIFICAZIONE»
Nata ad Alessandria nel 1876, Rina Faccio, in arte Sibilla Aleramo, vive la sua infanzia tra la pazzia della madre, che per due volte tenta il suicidio prima di essere rinchiusa nel manicomio di Macerata, e la violenza subita da un impiegato della fabbrica diretta dal padre e della quale era contabile. Costretta ad un matrimonio riparatore spera di riservare nella cura del figlio Walter le sue energie ma questa strada non la porta via dalla desolazione e, come la madre, cerca essa stessa il suicidio. La ripresa personale avviene a partire dal 1897 quando inizia a vedere i suoi articoli pubblicati su riviste importanti come “Vita Moderna” “Vita Internazionale” e su giornali del settore letterario come la “Gazzetta Letteraria” e “L’Indipendente”. Il suo impegno femminista non si limita solo alla scrittura ma si concretizza nel tentativo di costituire sezioni del movimento delle donne e nella partecipazione a manifestazioni per il diritto al voto e per la lotta contro la prostituzione.
Trasferitasi a Milano dopo il licenziamento del marito ottiene la direzione del settimanale socialista “L’Italia femminile” dove viene in contatto con personalità di spicco della letteratura femminile come Matilde Serao, conosce e frequenta Filippo Turati ed inizia una relazione con il poeta Guglielmo Felice Damiani.
Richiamato dalla fabbrica che lo aveva licenziato, a Porto Civitanova, il marito parte senza di lei che preferisce trasferirsi a Roma per legarsi a Giovanni Cena, direttore della “Nuova Antologia” per la quale inizierà a scrivere il romanzo “Una donna”. La pubblicazione del romanzo avvenne sotto lo pseudonimo di Sibilla Aleramo: il libro ottenne subito un successo e fu tradotto in quasi tutti i paesi europei e negli Stati Uniti. Terminata la relazione con Cena iniziò a girovagare tra Italia e Francia concedendosi diverse storie sentimentali con personalità anche di spicco come Giovanni Papini, Giovanni Boine, Clemente Rebora, Umberto Boccioni, Salvatore Quasimodo.
Una storia d’amore tormentata la vive poi con il poeta Dino Campana, già in quel periodo sofferente per via della malattia mentale. Lo stesso poeta disse che «la relazione era essenzialmente di tipo fisico». Nel 1919 diede alla luce “Il passaggio” e nel 1921 la sua prima raccolta di poesie intitolata “Momenti”.
Femminista, pacifista e comunista, la scrittrice non si adegua a ruoli o immagini femminili tradizionali. Vive anche alcune relazioni saffiche, come quella con la nota attrice Eleonora Duse: questo portò intellettuali di spicco come Giuseppe Prezzolini a definirla “lavatoio sessuale della cultura italiana”.
Firmataria nel 1925 del Manifesto degli intellettuali antifascisti, viene arrestata per via della sua amicizia con l’attentatore del Duce Aneo Zamboni. Ridotta in povertà, torna a Roma nel 1928 e continua a scrivere sia prosa che poesia. Nel 1933 si iscrive all’Associazione nazionale fascista donne artiste e laureate. Nel 1936 si innamora di Franco Malacotta, uno studente di quarant’anni più giovane, a cui rimane legata per quasi dieci anni. Al termine della seconda guerra mondiale si iscrive al PCI impegnandosi intensamente in campo politico e sociale e collaborando con l’Unità.
Muore a Roma il 13 gennaio del 1960, a novanta trè anni, dopo una lunga malattia.
Di Gianluca Ricciardi
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