3100 anni fa Jerubbaal su vaso di ceramica nell’epoca biblica dei giudici d’Israele. Si tratterebbe del nome del giudice Geodene
3100 anni fa Jerubbaal e le 5 lettere rinvenute nel frammento. Secondo gli archeologi israeliani e gli esperti dell’Università ebraica di Gerusalemme guidati dal prof. Yossef Garfinkel si tratta del nome di Geodene. La scritta ed il vaso sembrano risalire all’ epoca biblica dei giudici d’Israele.
Jerubbaal
L’Autorità delle antichità d’Israele ha comunicato che il nome di Jerubbaal compare spesso nella bibbia ed indica il giudice Gedeone. Questi fu un giudice della Tribù di Manasse le cui gesta sono descritte nel libro dei Giudici ai capp. 6-8. È considerato un esempio per i cristiani nel Nuovo Testamento data la sua battaglia all’invasore di Madian e Amalek.
Jerubbaal su vaso 3100 anni fa
Il ritrovamento del frammento di vaso e le 5 lettere sopra di esso possono essere uno dei tasselli mancanti per la comprensione dell’alfabeto proto-sinaitico. L’artefatto è stato ritrovato a Khirbat a-Rai (odierna Biet Shemesh), ad ovest di Gerusalemme, in un sito archeologico che risale a 3100 anni fa. L’iscrizione a inchiostro su un boccale di terracotta è in alfabeto antico/cananeo.
L’analisi storica dell’artefatto
Il ritrovamento, decifrato dall’esperto epigrafico Christopher Rolston della George Washington University, segna la prima volta che il nome Jerubbaal viene menzionato al di fuori della Bibbia.
Tuttavia, non c’è alcuna certezza che l’iscrizione si riferisca al Jerubbaal menzionato nella Bibbia.
Infatti, “il nome Jerubbaal – spiegano gli archeologi – compare nella Bibbia solo nel periodo dei Giudici, ma ora è stato scoperto anche in un contesto archeologico, in uno strato risalente a quel periodo. In modo analogo, il nome Ishbaal, che è menzionato nella Bibbia solo durante la monarchia di re Davide, è stato trovato in strati datati a quel periodo nel sito di Khirbat Qeiyafa. Il fatto che nomi identici siano menzionati nella Bibbia e si trovino anche in iscrizioni recuperate da scavi archeologici dimostra che le memorie sono state preservate e tramandate di generazione in generazione”.
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