“Il picco – ha messo in chiaro il premier Conte – ancora non è arrivato”. Quando finirà? Difficile dirlo. Se tutto va bene, se tutti seguono le regole, la liberazione dal virus arriverà il 25 aprile. La strategia in tutta Italia dovrà essere mista
Effettuare delle previsioni sull’andamento dell’emergenza Coronavirus che ha colpito il nostro Paese, in questo preciso momento, è molto complicato anche per chi studia l’argomento da una vita. Le proiezioni e gli scenari sono importanti in questo momento per pianificare al meglio gli interventi da effettuare e valutare soprattutto l’incognita dell’evoluzione della pandemia al centro-sud. “Il picco – ha messo in chiaro il premier Conte – ancora non è arrivato”. La relazione tecnica del decreto emergenza prevede che tra due o tre giorni raggiungeremo il massimo dei contagiati, cioè il punto più alto della curva ascendente dei contagi, il 18 marzo. Ancora un giorno. Poi ci sarà una lenta discesa fino ad aprile. Se tutto va bene, se tutti seguono le regole, la liberazione dal virus arriverà il 25 aprile. Di buono, per il momento, ci sono i numeri delle infrastrutture. In Lombardia i posti letto per la terapia intensiva sono arrivati a circa 1.200, come ha dichiarato l’assessore per la sanità Giulio Gallera, di cui 924 sono occupati. Al momento, sembra che i numeri siano corretti: per il 15 marzo le stime parlavano di 3.500 nuovi casi e se ne sono stati registrati 3.590. Per ieri 16 marzo dovrebbero essere meno di 4mila. Se l’andamento segue le previsioni, anche alla luce dei provvedimenti restrittivi presi dal governo incrociati al periodi di incubazione dell’infezione, l’emergenza sarà da considerarsi esaurita per il 25 aprile. Di nuovo, data fatidica per l’Italia.In ogni caso, è meglio non nutrire speranze eccessive. Al Sud, sulla base dell’andamento della diffusione dei contagi lombardi, si aspettano il rispettivo picco intorno a fine marzo e inizio aprile. Ma le preoccupazioni crescono: se si verificassero i numeri lombardi il sistema sanitario crollerebbe. La speranza è che la corsa ai posti letto degli ultimi giorni – si prevede di aggiungerne cinquemila in tutto il Paese in meno di 45 giorni – si riveli sufficiente per contenere l’impatto. In Campania, il presidente Vincenzo De Luca ha impostato un piano per recuperare 490 posti letto, di cui 102 per la terapia intensiva. Lo scenario più severo, come ha spiegato in una delle sue dirette, prevede di utilizzare 150 posti. “Noi – ha detto, De Luca – dobbiamo reggere un mese e mezzo, due mesi e poi non ci saranno medici che dovranno scegliere chi deve vivere e chi morire”.
In Puglia, spiega in una intervista a Repubblica, il presidente Michele Emiliano deve rivedere i piani iniziali, allalucedelrientro inaspettato dal Nord di quasi 18.000 persone, numeri importanti e soprattutto sottostimati perché non tutti si sono autodenunciati. E allora la Regione, si organizza per contenere il contagio cercando di «evitare l’ospedalizzazione». In ogni caso, la strategia in tutta Italia dovrà essere mista. Quarantena, sì. Ma anche ricerca dei contagiati. “In questo senso – lo ha detto anche l’équipe di medici di Wuhan venuti in Italia – l’esame del tampone viene fatto troppo poco.” Serve un approccio a tappeto, non limitato solo a chi ha sintomi, dal momento che il contagio passa spesso anche attraverso gli asintomatici. Il modello indicato sarebbe la Corea del Sud. E se arriverà a breve un nuovo modello di test che consente di avere risultati in pochi minuti (e non le 24 ore necessarie adesso) questo tipo di operazione diventerà possibile.
Di Ilaria Sabbatino
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