Ecco
un stralcio dell’opera che ce ne chiarisce la vicenda: “Dovrei cominciare parlando della banda guidata da un
partigiano chiamato Falco, però le confesso che so poco di lui. Era certamente un comunista, forse aggregato a qualche formazione della zona, ma con la voglia di fare da solo, decidere da solo e rapinare e uccidere da solo. Un altro dato sicuro è che
Falco era un sadico, uno che concepiva la punizione dei fascisti sconfitti come un insieme di violenze feroci e di esecuzioni a raffica. Succede spesso nelle guerre civili: da una parte e dall’ altra, insieme ai caratteri generosi, emergono i sanguinari, che scoprono in quei frangenti il piacere di dare la morte obbligando le vittime a soffrire.
Al 25 aprile, Falco e i suoi, una decina di uomini, decisero di fare della
cartiera di Mignagola un luogo infernale per i fascisti in fuga. Avevano una specie di avamposto: una grande
villa a Breda di Piave, un poco più a nord. Era la villa
Dal Vesco, che aveva già visto l’
assassinio dei tre proprietari, eliminati nel febbraio 1945 per non aver ceduto ai tentativi di estorsione di qualche banda
. Falco prese possesso della villa il 26 aprile e da quel momento l’ avamposto cominciò a funzionare. Qui gli arrestati, militari sbandati e anche molti civili della zona, fascisti o ritenuti tali, venivano picchiati a sangue, processati in modo sommario e avviati quasi tutti alla cartiera. (…) Era a
villa Dal Vesco che cominciavano i
sadismi sui prigionieri.
Lamette conficcate in gola. Obbligo di inghiottire i distintivi metallici strappati alle divise. Spilloni nei genitali. Percosse con i calci dei fucili, bastoni, verghe d’ acciaio. Quelli destinati a morire li trasferivano in camion alla cartiera. Ma qui la morte non arrivava mai in fretta, come una liberazione
. Prima di essere giustiziati, i fascisti dovevano camminare o ballare a piedi nudi su cocci di bottiglia. O erano costretti a riempirsi la bocca di carta che poi veniva incendiata”.
Morale. Gli eventi, il caos, l’anarchia che dopo l’8 settembre e anche dopo il 25 aprile hanno sommerso l’Italia sono stati l’alveo favorevole perché si compiessero certi misfatti. Questi atti non ridimensionano, nè sminuiscono l’apporto della lotta partigiana alla Liberazione d’Italia. I crimini di una parte, più o meno piccola, non possono cancellare il sacrificio di tanti che combatterono per la democrazia e la libertà.
Tuttavia proprio in onore di questi ultimi,
in onore dei militari italiani internati nei lager dopo l’8 settembre, in onore dei partigiani di qualsiasi estrazione mossi dall’unico obiettivo della liberazione, in onore di costoro
è necessario ammettere colpe, mancanze, debolezze, misfatti della parte “marcia” della Resistenza. E chi, più delle nuove generazioni, potrebbe lavorare ad una pacificazione nazionale radicata?
I giovani che si sono abbeverati, grazie al sacrificio di tanti, alla sorgente sacra della democrazia possono guardare con maggior serenità, senza sterili pregiudizi ideologici ad una storia condivisa d’Italia. I loro nonni, i loro padri non avrebbero potuto farlo segnati dalle ferite fresche e sanguinanti di una guerra atroce.
Non per riscrivere la storia, ma per farla conoscere in tutte le sue pieghe. Per una comunione davvero profonda di principi e valori. Uniti in nome della libertà, della tolleranza e della giustizia sociale … divisi in merito a differenti visioni del mondo. Anzi, quest’ultime ben vengano: sono il sale della democrazia.
Di Vincenzo Arena