San Raffaele, festeggiato oggi, ha ceduto il posto all’arcivescovo di Cuba e confessore della regina di Spagna. Gli arcangeli riuniti tutti al 29 settembre
Raffaele, Raffaella, Raphael, Lella, Lello. Se porti uno di questi nomi, fino a qualche anno fa avresti festeggiato oggi il tuo onomastico. Attualmente il 24 ottobre è dedicato a Sant’Antonio Maria Claret. Ma vediamo la storia dei due santi cattolici.
SAN RAFFAELE ARCANGELO: Dal latino Raphael, mutuato dal greco Hraphael, l’ebraico Rephael o Rafa’el, derivato da rapha, “ha guarito”, e da El, “Dio”, il nome Raffaele significa “Dio ha guarito”, “Dio guarirà”. Per questo motivo è universalmente riconosciuto come il patrono dei farmacisti. Fino a qualche anno fa San Raffaele si festeggiava il 24 ottobre. Poi la ricorrenza è stata spostata al 29 settembre, insieme a Gabriele e Michele. La vera data dell’onomastico di San Raffaele è il 24 ottobre, ma la Chiesa ha scelto di festeggiarlo insieme agli . altri arcangeli. Ma ci sembra carino ricordare oggi San Raffaele con una curiosa usanza napoletana. A Napoli la ricorrenza è molto sentita e si associa ad una strana usanza, che è quella di dire alle ragazze “va’ a vasà ‘o pesce ‘e San Rafèle” ovvero “vai a baciare il pesce di San Raffaele”. Ovviamente c’è dentro l’equivoco malizioso che tutti abbiamo pensato. In realtà le donne sterili e le fanciulle da marito chiedevano la grazia a San Raffaele andandogli a baciare il pesce. La chiesa di San Raffaele si trova in uno dei quartieri più popolari di Napoli, Materdei a ridosso della Sanità. San Raffaele, secondo un’iconografia che risale al libro di Tobia, è rappresentato come un pescatore e nella chiesa si trova la sua statua con in mano la cesta con del pesce dentro. Le donne chiedevano la grazia di rimanere incinte, baciando il pesce che si trovava nella cesta chiedendo al santo di intercedere. Il pesce, d’altronde, è un simbolo cristiano, rinvenuto abbondantemente nelle catacombe.
Una figura del secolo XIX al cui nome è tuttora legata una congregazione religiosa diffusa in tutti i continenti, quella dei Missionari del Cuore Immacolato di Maria, detti appunto Clarettiani. All’inizio del terzo millennio, essi lavorano in 65 paesi dei cinque continenti. Nel 1936/ 39, durante la guerra civile spagnola, 271vengono uccisi per causa della fede. Tra questi spiccano i 51 Martiri di Barbastro, beatificati da Giovanni Paolo II il 1992.
il 24 dicembre 1807, nel piccolo paese di Sallent (Barcellona) veniva alla luce Antonio M. Claret, da genitori semplici, molto devoti, entrambi tessitori. Spesso, assieme alla sorella, Antonio si recava nel vicino Santuario e recitava il S. Rosario. Quando arrivò la vocazione il nostro dovette superare grandi ostacoli. Tra un’occupazione e l’altra trovava il tempo per applicarsi agli studi del latino. Fortunatamente potè liberarsi dal mestiere di operaio tessile che gli toccava per nascita e così poter prepararsi al sacerdozio. Il 13 giugno 1835 saliva l’altare per celebrare la Prima Messa nella natia Parrocchia di Sallent, ove, dopo brevissimo tempo, venne proposto come Vicario ed Economo Spirituale. Qui decise di fondare una nuova Congregazione i cui membri si dovevano spargere per il mondo a portare la buona novella. Ma le ristrettezze finanziarie, in seguito alla guerra civile, non permisero ad Antonio Maria Claret di realizzare il suo sogno.
Solo più tardi potrà dare inizio alla nuova Congregazione dei Missionari, Figli dell’Immacolato Cuore di Maria. In quest’opera egli profuse tutto se stesso. Fu padre, maestro e sapiente guida a quanti venivano a mettersi sotto il vessillo del Cuore di Maria. Fu pure grande apostolo della penna e della stampa. Di lui dobbiamo citare, oltre i numerosi volumetti di devozione e di dottrina cristiana, i vari opuscoletti intorno alla Madonna. Nel 1848 fondò in Barcellona una tipografia che stampò tra l’altro 50 edizioni in catalano e 69 in spagnolo (tutte di 10 o di 15 mila copie) della « Via retta e sicura per andare al cielo ». Sono circa 120 i libri ed opuscoli, che diede alla luce, dei quali sono stati stampati oltre 7.715.800 volumi, senza tener conto delle altre 160 edizioni fatte a Cuba, a Madrid e via dicendo.
Nominato Arcivescovo di Cuba, continuò a esercitare l’apostolato della stampa e si applicò per arginare il dilagare continuo dell’immoralità. Nell’ambito sociale, promosse l’agricoltura, anche con diverse pubblicazioni e creando una fattoria-modello a Camaguey. Oltre a questo creò in ogni parrocchia una cassa di risparmio, opera pioniera in America Latina. Promosse l’educazione cercando Istituti religiosi e creando egli stesso, insieme alla Venerabile Maria Antonia Paris, la congregazione delle Religiose di Maria Immacolata (Missionarie Clarettiane). A causa della sua strenua fortezza nel difendere i diritti della Chiesa e i diritti umani si crea numerosi nemici, tra i politici e i corrotti. E così subì minacce e attentati, tra i quali uno ad Holguin, dove venne gravemente ferito al volto Nel 1857 lasciò Cuba per rientrare a Madrid come confessore della Regina di Spagna, Isabella II.
Prese parte al Concilio Vaticano I, dove fu tra i principali sostenitori della proclamazione del dogma dell’infallibilità papale.
Seguì nel suo esilio la regina Isabella, trascorrendo i suoi ultimi giorni nel monastero cistercense di Fontfroide, nei pressi di Narbona, dove morì nel 1870.
Sulla tomba vengono scolpite le parole di papa Gregorio VII: “Ho amato la giustizia e odiato l’iniquità, per questo muoio in esilio”. Il suo corpo si venera nella Casa Madre dei Clarettiani a Vic (Barcellona).
E l’8 maggio 1950, Pio XII lo proclama santo, e dice del Claret: “spirito grande, sorto come per appianare i contrasti: poté essere umile di nascita e glorioso agli occhi del mondo; piccolo nella persona però di anima gigante; modesto nell’apparenza, ma capacissimo d’imporre rispetto anche ai grandi della terra; forte di carattere però con la soave dolcezza di chi sa dell’austerità e della penitenza; sempre alla presenza di Dio, anche in mezzo ad una prodigiosa attività esteriore; calunniato e ammirato, festeggiato e perseguitato. E tra tante meraviglie, quale luce soave che tutto illumina, la sua devozione alla Madre di Dio”.
Di Mina Cappussi e Samira Rochdi
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